Giallo del Gianicolo, 6 anni e 4 mesi a Marmigi

Stefano Vladovich

Ha cercato di rianimare l’amica colta da malore. Poi, quando ha capito che c’era ormai poco da fare, l’ha abbandonata sulla strada. Infine si è allontanato per procurarsi un alibi e inscenare la commedia davanti ai carabinieri. Sei anni e 4 mesi di carcere a Luca Marmigi, 34 anni, accusato di omicidio colposo, occultamento di cadavere e simulazione di reato. Si conclude con una condanna, ridotta di un anno rispetto alla richiesta dei pubblici ministeri Ilaria Calò e Italo Ormanni, il processo con rito abbreviato al programmista Rai che la notte tra il 23 e il 24 dicembre 2003 vide morire la collega di «Linea Verde», Paola Bianchi di 28 anni, senza far nulla. Anzi. «Risulta che Marmigi - secondo il giudice per l’udienza preliminare Maria Grazia Giammarinaro - dopo il decesso spostò il corpo di Paola Bianchi sul ciglio della strada allo scopo di simulare un’aggressione».
Quindi, dopo essersi allontanato dal posto, Marmigi avrebbe chiamato un amico e avviato la «falsa ricerca» della ragazza. «L’intera condotta di Marmigi - spiega il gup - è stata improntata a sottrarsi a qualsiasi responsabilità. Ciò emergerebbe anche dal suo comportamento processuale con dichiarazioni false e contrastanti, ostacolando l’accertamento della verità». Insomma Marmigi, anziché chiedere aiuto e portare Paola in ospedale, l’ha lasciata sulla salita che porta al Gianicolo. Accanto a lei le scarpe e la borsetta senza documenti e telefono cellulare.
Ma che cos’è accaduto in quella drammatica antivigilia di Natale di due anni fa? Paola e Luca, conosciuti al lavoro, hanno una storia d’amore. Luca, però, convive con Alessandra. Quel pomeriggio è con Paola, in centro, per gli acquisti di Natale. All’ora di cena sono a casa di lei, in via Ozanam, a Monteverde Nuovo, per lasciare i regali. Salutata mamma Luciana, escono di nuovo. Alle 21,30 sono in una pizzeria a taglio in via di Donna Olimpia, nello stesso quartiere. Qui Paola riceve l’ultima telefonata. È un’amica, Maria. «Dobbiamo ancora cenare», le dice Paola. Il racconto di Marmigi, fino a questo punto lineare, diventa confuso. Luca non ricorda il nome del ristorante. Sulle prime spiega che dopo aver lasciato la ragazza («l’ho accompagnata a casa, stava bene») la cerca ma lei non risponde al telefono. Preoccupato chiama un vicino, Corrado. Tra l’1,30 e le 2 del mattino i due vedono una «gazzella» del 112 accanto al corpo di Paola. Le indagini passano al nucleo operativo di via In Selci. I militari scoprono che Paola, dopo cena, era sul Gianicolo all’interno della Ford Fiesta di Luca. I due litigano furiosamente. In Procura Luca dice che la questione è scoppiata perché lui avrebbe voluto trascorrere le feste con la sua compagna, ignara di tutto. È l’1,15: Paola, stizzita, scende dall’auto.
Seconda versione: Luca giura di essersi allontanato pur restando nelle vicinanze. Falso. Va, invece, a Campo de’ Fiori, Prato Falcone e sul lungotevere della Vittoria: a inchiodarlo la registrazione dei suoi spostamenti sulle celle telefoniche. «Non ricordo bene», si giustifica. Ancora. Nell’auto una macchia di sangue: le analisi di laboratorio stabiliscono che è della vittima. Secondo Luca apparterrebbe, invece, a un randagio soccorso tempo prima. Secondo l’accusa i due fumano uno spinello, litigano e Luca fa prendere a Paola un sedativo. Lei si sente male, perde sangue da un orecchio.

La situazione precipita, Luca la crede morta e decide di lasciarla lì. Il gup, nel ribadire che è stata inflitto il massimo della pena, ha disposto per Marmigi anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il pagamento di 270mila euro ai familiari di Paola.

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