Giallo di Gradoli, un anno di misteri e omissioni

Giallo di Gradoli. Un anno di misteri, angoscianti silenzi e inquietanti omissioni per un’inchiesta dai tanti lati oscuri. Due presunti assassini, Paolo Esposito e Ala Ceoban, 40 e 24 anni, amanti diabolici alla sbarra tra pochi giorni con la pesante accusa di duplice omicidio aggravato e occultamento di cadavere. Altrettante le vittime, i cui corpi non sono stati ritrovati quanto cercati abbastanza: Tatiana Ceoban, 36 anni moldava da 10 in Italia, e la figlia Elena, 13 anni, nipote della presunta omicida.
Il 30 maggio 2009 è il giorno chiave per tutta la storia. Elena sta tornando a casa con la scuola bus, la mamma è a Viterbo a fare acquisti, la sorellina di 6 anni con i nonni. In via delle Cannicelle ad attenderla ci sono il patrigno Paolo e la zia. È l’una e trenta. Tania è ancora lontano. Alle 14,16 viene battuto lo scontrino di una telecamera. Sarà motivo di discussione con Paolo, una volta rientrata nella villa. Nel frattempo accade qualcosa di strano. Elena avrebbe dovuto incontrare delle amiche alle 15,30 in paese, a Gradoli, ma non andrà mai all’appuntamento. È già morta, magari soffocata o strangolata visto che le tracce di sangue rilevate appartengono solo alla mamma? L’ultimo contatto fra le due, però, avverrebbe alle 17,30. Sono 35 secondi di telefonata, dal cellulare della donna a quello della 13enne. Elena era ancora viva oppure qualcuno ha risposto al posto suo? Per l’avvocato della difesa, Luigi Sini, «difficile pensare - spiega al Giornale - che Tatiana, apprensiva com’era nei riguardi della figlia lasciata sola con Paolo, non avesse provato a chiamarla ancora nel caso non avesse risposto lei». E allora? La breve conversazione viene registrata da una cella «anomala», quella di Capodimonte, ovvero fuori dal percorso del bus utilizzato dalla donna per il ritorno. I tecnici spiegano la cosa con il maltempo: in casi del genere si può verificare un guasto su una cella, tanto che il traffico viene dirottato su un’altra postazione di telefonia. Sarà il punto principale della difesa per dimostrare che Tania era con qualcuno e non su quel pullman. Eppure su quel bus della Viterbo-Roma l’autista se la ricorda bene Tania. La fidanzata dell’uomo, in particolare, mette a verbale che la straniera aveva chiesto di farsi lasciare davanti casa. È sicura. Alle 18 arriva comunque alle Cannicelle e scompare assieme alla figlia. Secondo Paolo da quel pomeriggio in poi lui sarebbe andato ad abitare dai suoi genitori, sempre in paese. La scena del delitto, insomma, sarebbe ferma a quel maledetto pomeriggio. Ma i Ris arriveranno al villino dei misteri solo qualche settimana dopo. Inspiegabilmente gli inquirenti non hanno mai perquisito la casa dei suoceri della scomparsa, magari alla ricerca di prove del delitto. Perché? Il fatto che il padre di Paolo sia un carabiniere in pensione può spiegare l’omissione? Ancora. Le tracce di sangue, 21 positive, appartenenti a Tania restano il mistero più fitto. Per l’accusa sono la prova di una mattanza, per la difesa no. Com’è possibile? Sono tutte sulle pareti verticali della cucina, nessuna a terra come se ci fosse stata una pulizia degli ambienti. Stracci e scope sono stati trovati in garage, eppure durante l’istruttoria non viene chiesto al perito se ci sia stata una pulizia. Casa, del resto, in disordine ovunque tranne in cucina. Il sangue è sotto lo stipite della porta, in una credenza, sul pomello della porta finestra, sul muro.

Troppo per non pensare che a Tatiana non sia accaduto qualcosa di terribile. «In aula andrà dimostrato - dice l’avvocato Sini - che il sangue sia compatibile con un omicidio e che la scena è stata ripulita». Altra stranezza: il Ris non ha cercato impronte digitali. Perché?

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica