Il serpentone dauto avanza a lenti sonnecchiosi sussulti. Il traffico è quello grigio, caotico dogni mattina. Luniversità è a pochi isolati, ma la Peugeot 405 del professor Mostafa Ahmadi Roshan non si muove. Attende immobile, prigioniera della distesa di veicoli allungata tra Gol Nabi Street e Seyed Khandan, nel cuore di Teheran Nord. Dietro, il rombo duna moto savvicina. Avanza veloce, divorando lasfalto, zigzagando tra le auto paralizzate. Il professor Roshan la sente. Vede quei due uomini con i volti nascosti dal casco ad un metro dal finestrino. Scorge quel braccio allungato, con in mano una forma scura e circolare. Un brivido gli sale dallo stomaco, un ricordo gli accende il cervello. La mano corre alla portiera. Non fa in tempo. La bomba è già appiccicata al finestrino, la moto lontana. La fiammata divora il vetro, una scarica di schegge gli flagella il volto.
Ora il professor Roshan è un corpo decapitato, afflosciato nel sedile. Il suo compagno di viaggio gli agonizza accanto. Quello dietro si butta fuori. Ferito, insanguinato, ma vivo. I servizi di sicurezza dei pasdaran arrivano sul luogo dellagguato, rivivono un sinistro deja vu. La scena è la replica di quella del 29 novembre 2010. Quel giorno unaltra moto con due uomini a bordo agganciò una bomba al finestrino dellauto del professor Majid Shahriar, una delle menti del programma nucleare iraniano. Quella stessa mattina un altro ordigno adesivo ferì gravemente il professor Fereidoun Abbasi promosso poi alla guida di tutto il programma atomico iraniano. Mostafa Ahmadi non era da meno. Laureato in chimica aveva studiato lo sviluppo delle membrane di polimeri utilizzate per separare i gas impiegati nellarricchimento delluranio. Ed era anche il responsabile di tutte le commesse destinate a Natanz, il principale sito nucleare iraniano per larricchimento delluranio. Chi ha pianificato la sua uccisione non scherza. Ha deciso di spedirlo allaltro mondo in concomitanza con il trasferimento degli impianti di Natanz nel nuovo sito di Fordo, un laboratorio bunker protetto da 90 metri di roccia nel cuore di una montagna, 60 chilometri a sud della città santa di Qom. Lavvertimento nascosto dietro lennesima uccisione misteriosa è fin troppo chiaro. I laboratori nel sottosuolo potranno sfuggire ai missili, ma per gli scienziati sopravvivere sarà assai più difficile. Per comprendere chi progetti tutto questo basta legger le cronache del discorsetto pronunciato solo 24 ore prima dal capo di stato maggiore israeliano generale Benny Gantz. «A causa di molti fatti innaturali il 2012 si rivelerà un anno decisamente critico per lIran» - preannuncia martedì il generale nel corso dun audizione al parlamento di Gerusalemme. Non che gli iraniani non limmaginino. Dopo luccisione di almeno altri cinque scienziati e il susseguirsi di misteriose esplosioni allinterno di siti nucleari e basi missilistiche loperazione «decapitazione» messa a punto dal Mossad non è un segreto neppure per loro. Anche ieri Teheran ha puntato il dito contro le spie israeliane e contro i loro alleati americani. «Gli Stati Uniti non hanno avuto alcun ruolo nella vicenda», ha subito chiarito la Casa Bianca.
Neppure lorigine e la zona dinfiltrazione dei sicari è più un mistero. Da tempo killer più richiesti e più utilizzati per questo genere di operazioni sono i militanti iraniani dei Mujaheddin del Popolo, lorganizzazione terroristica anti ayatollah ospitata e armata a suo tempo da Saddam Hussein. Dalla caduta di Saddam 3400 «mujaheddin del popolo» vivono reclusi nel campo di Ashraf, 70 chilometri a nord di Bagdad. Da lì i volontari più promettenti vengono trasferiti nel nord Irak.
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