Il giallo di via Poma A settembre udienza preliminare per Busco

GIALLO La ragazza fu ritrovata morta nel suo ufficio in Prati il 7 agosto 1990

Si svolgerà il prossimo 24 settembre l’udienza preliminare del processo a carico di Raniero Busco, accusato di omicidio volontario per la morte di Simonetta Cesaroni, all’epoca fidanzata di Busco. Sarà in quella sede il gup Maddalena Cipriani a pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti di Busco dal pm Ilaria Calò, salvo che lo stesso imputato non chieda di essere giudicato con un rito alternativo.
L’accusa contro Busco si regge su pochi e non chiari elementi. Tra questi la compatibilità tra la dentatura dell’imputato e il morso rilevato sul seno della vittima, emersa da una consulenza e gli accertamenti su una traccia di sangue trovata sulla porta d’ingresso della stanza dove fu trovata Simonetta all’interno dell’ufficio di via Poma, la cui appartenenza a Busco non è stata confermata ma nemmeno esclusa.
Busco, che oggi ha 44 anni, venne iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario all’esito dei risultati di una consulenza sul corpetto che la Cesaroni indossava quando fu uccisa. Sull’indumento gli esperti trovarono una traccia genetica, estratta dalla saliva, riconducibile all’uomo. Questi giustificò la presenza di tale traccia con alcune effusioni che si sarebbe scambiato con la ragazza la sera prima del delitto.
Sono trascorsi 19 anni da quel 7 agosto del 1990 in cui Simonetta Cesaroni fu assassinata a coltellate nell’ufficio dell’Associazione alberghi della gioventù, in via Carlo Poma 2, di cui era dipendente. Simonetta, che aveva 21 anni (era nata il 5 novembre del 1969), di solito tornava a casa verso le 20. La sorella Paola si allarmò per il ritardo, si recò in via Poma e costrinse la moglie del portiere Pietrino Vanacore, ad aprire la porta dell’ufficio. Qui venne trovata, morta e seminuda, Simonetta, uccisa da 29 colpi di un’arma da taglio, probabilmente un tagliacarte.
Pochi giorni dopo, il 10 agosto, fu fermato Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile. Nell’aprile del 1992 fu recapitato un avviso di garanzia a Federico Valle, nipote dell’architetto che abitava nel palazzo al quartiere Prati. Nel giugno dell’anno successivo il gup prosciolse Valle dall’accusa di omicidio e Vanacore da quella di favoreggiamento, non accogliendo così la richiesta di rinvio a giudizio formulata della procura. Per la stessa accusa di favoreggiamento l’ex portiere un anno fa fu di nuovo iscritto nel registro degli indagati e subì una perquisizione nell’ottobre scorso alla ricerca di un’agendina che secondo chi indaga avrebbe potuto fornire elementi utili per fare luce sul caso. Avendo dato esito negativo, la procura ha già chiesto di nuovo l’archiviazione della posizione di Vanacore. Tra gli altri indagati per questa vicenda figurò anche Salvatore Volponi, il datore di lavoro di Simonetta, la cui posizione fu poi archiviata. Il 30 gennaio del 1995 uscirono definitivamente di scena Valle e Vanacore: la Cassazione confermò infatti la decisione di non rinviarli a giudizio.


Poi nel gennaio 2006 la svolta con i risultati delle analisi del dna trovato sugli indumenti di Simonetta, che chiamarono in causa Busco, iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario nel settembre 2007.

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