Il primo a non crederci, ad avere abdicato alle ragioni del cuore è proprio lui, il padre. Al Bano Carrisi, cantante attore, una vita spesa tra musica, set e festival, oggi nella sua fattoria pugliese dove si fa buon vino e le olive crescono grasse, non ne vuole sentire parlare.
«Mia figlia Ylenia viva? Bufale, l’ennesima vergognosa speculazione. Sono 20 anni che s’inventano sempre storie su di lei». Lo scrisse anche in un libro autobiobiografico Al Bano. Titolo: È la mia vita. Secondo lui, quella sua bellissima «bambina» dai boccoli dorati, forse viziata di certo trasgressiva e giramondo, era morta. Suicida, come aveva raccontato alla polizia un guardiano dell'Acquario Comunale di New Orleans. Aveva visto una ragazza, troppo simile a lei, buttarsi nella acque torbide del Mississipi gridando alla luna «Io appartengo all’acqua».
Diciassette anni dopo, tanto è trascorso da quel lontano 6 gennaio 1994, quando l’ex valletta di Mike Bongiorno si eclissò nel nulla, ecco materializzarsi i fantasmi di un passato che forse si credeva scordato. La notizia oggi dovrebbe essere bella. Troppe speranze annichilite, troppi sogni frantumati e trasformati in rassegnazione, invece spaventano più di una nuova illusione. Di una promessa caduta nel vuoto.
Fosse viva Ylenia Carrisi, adesso avrebbe quasi quarantun’anni. E secondo il settiminale tedesco Freizeit Revue, la primogenita di Al Bano e Romina, lo sarebbe. Viva. La «novella» rimbalza dagli Stati Uniti e sembrerebbe trovare conferma nelle dichiarazioni degli investigatori a stelle e strisce: la ragazza, diventata ormai donna, si troverebbe in un convento in Arizona. O perlomeno lì ci sarebbe stata fino a qualche giorno fa. La rivista teutonica già una settimana fa aveva dedicato un’intera pagina dal titolo esplicito: «Al Bano - Nuova pista sulla figlia Ylenia scomparsa». Pubblicando un’intervista al capo della polizia di New Orleans, Warren Riley, che ammetteva che sì, almeno stando ai rapporti del New Orleans Police Department, il caso si stava riaprendo. «Al momento non posso dirvi altro, poiché le indagini sono ancora in corso», aveva chiosato.
A seguire i nuovi sviluppi, un’investigatrice donna, tale Gwen Guggenheim. Insomma tutto vero, apparentemente. Qualcosa, però, lascia perplessi. Ed è il modo in cui si sarebbe arrivati alla, per ora fantomatica, svolta. Ovvero l’indicazione di una medium di Amburgo, chissà magari pure lei vittima del micidiale batterio che squassa lo stomaco e annebbia la mente. Casia Chayenne, questo il suo nome, avrebbe «visto» Ylenia in un convento nei pressi di Phoenix, in Arizona.
«Abbiamo iniziato a fare ricerche nel monastero greco ortodosso di St. Anthony», confermava la poliziotta americana, aggiungendo che «si è trattato di un lavoro difficile, perché i conventi sono luoghi particolarmente protetti, nei quali le persone abbandonano il loro vero nome».
«E visto che contro la signorina Carrisi non esiste alcun sospetto che abbia commesso reati», chiariva ancora la Guggenheim all’inviato di Freizeit Revue, «non possiamo costringere nessuno a rivelare la propria identità».
Nel corso di una successiva telefonata effettuata in convento, il giornalista tedesco si sarebbe sentito rispondere da padre Samuel, il priore, che «un paio di settimane prima la polizia aveva chiesto della Carrisi ma che io ho saputo della cosa solo marginalmente. È tuttavia strano che due giorni dopo una donna che ha lavorato nel nostro giardino e che ha vissuto qui a lungo abbia lasciato il convento. Aveva molta fretta ed appariva come spaventata. Ha detto che voleva andare da qualche parte in Asia. Purtroppo non so di più».
Abbastanza per riaccendere le suggestioni. Titoloni e gossip.
Al Bano, che minaccia querele, non le manda a «cantare». «Qui c’è un visionario squallido- dice (non si capisce se riferendosi al giornalista o al responsabile della polizia di New Orleans, ndr) - che per vedere il suo nome sui giornali sparerebbe sulla Croce Rossa».
Il mistero infinito continua. Al prossimo capitolo...
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