MilanoJoop Van den Ende è un olandese pacioso e sereno che ha cambiato la storia. Della tv. E del costume. E poi è riuscito a cambiare anche la propria, cosa che capita a pochissimi. Lui, che ha 67 anni, è stato con John de Mol, lo immaginate tutti, il fondatore della Endemol, ossia della società che nel 1999 ha lanciato il Grande Fratello. Boom. Ma poi bye bye tv. Dieci anni dopo Van den Ende è a capo della Stage Entertainment, una multinazionale che ha rivoluzionato il teatro producendo musical in Europa con la stessa professionale creatività di quelli di Broadway. Esempio: La Bella e la Bestia. Risultato: la Stage Entertainment è arrivata in Italia, ha addirittura ristrutturato il Teatro Nazionale di Milano (chiuso da tre anni) e venerdì fa debuttare in Italia questo musical in versione italiana (con Arianna e Michel Altieri nei ruoli del titolo) che in tredici anni di repliche ha contabilizzato ben 25 milioni di spettatori. Capirete: un altro boom.
Van den Ende, per quale motivo la «Bella e la Bestia» conquisterà anche gli italiani?
«Innanzitutto è un «conquistatore di folle» in tutto il mondo: la sua storia tocca aspetti profondi come lamore vero e lo sforzo per scoprirlo».
Ma perché ha accettato una sfida così grande?
«Il vantaggio per un produttore è che questa verità è raccontata come un racconto leggiadro. E la combinazione di fantasia ed emozioni autentiche è una festa per chiunque ami il palcoscenico. Oltretutto, questa storia piacerà agli italiani perché ha forti radici nella cultura del loro Paese».
In più, sul palco ci sarà unorchestra che suona le partiture dal vivo. Mica poco.
«Questo è uno degli elementi cruciali che differenzia i nostri show dai film, dallintrattenimento sul web e dai computer games. Tv, film e internet sono parte importante della nostra vita ma non hanno sostituito il bisogno di intrattenimento dal vivo, suonato e interpretato per davvero. Chi va a teatro vuole essere colpito, sorpreso ed emozionato: è sempre stato così. E gli imperatori romani lo hanno capito molto prima di noi».
Paragone niente male.
«Ho sempre cercato la qualità più alta possibile. In questo caso, voglio un livello eccezionale dei nostri show e una grande ospitalità nei teatri. Non è uno slogan: ci credo davvero».
Lei crede che le produzioni troppo sobrie allontanino il pubblico dal teatro?
«Non so in Italia, ma nella mia Olanda, la gente cerca soprattutto i musical: su sedici milioni di abitanti, vendiamo tre milioni di biglietti allanno».
E in Italia?
«Lanno scorso ho visto la Carmen allArena di Verona ma ahimè conosco poche altre produzioni italiane»
E «Notre Dame de Paris»?
«È un altro grande titolo Disney che miscela casting perfetto, scenografia, canto, recitazione e balletto».
Ma perché lei ha lasciato la tv?
«Problemi fisici: era un lavoro troppo stressante perché la Endemol era diventata la più grande società di produzione televisiva del mondo ed era anche quotata in Borsa. Sono ripartito quasi da zero con la Stage Entrertainment e oggi siamo attivi in nove Paesi e diamo lavoro a 4000 persone».
Il Grande Fratello è stato accusato di aver involgarito la tv. In Gran Bretagna lo hanno anche cancellato.
«Non è la prima volta che idee creative o format televisivi siano stati molto criticati e accolti con scetticismo. La verità è che il Grande Fratello ha avuto, e ha ancora, una grande influenza sulla tv. E ho molto rispetto per John de Mol, che ci ha sempre creduto. Io, anche se ho fatto unaltra scelta, sono ancora un supporter dei reality show».
Non è lunico, visti gli ascolti.
«Ma ho notato che, vista la loro grande popolarità, le reti tv ne programmano troppi per ogni sera».
Il motivo?
«Sono il modo migliore per fare share».
Però?
«Questa strategia ha reso la tv troppo povera in parecchie nazioni».
E la colpa è del Grande Fratello?
«No.
La soluzione?
«La differenziazione. Mandiamo in onda un reality. Poi un tg. Poi un talk show. Poi un varietà. Questo fa di una sera in tv un momento davvero interessante, altrimenti no».
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