Gigli, Dell’Acqua e Cambi: la seconda vita dei risorti

MilanoRisorgere come la Fenice dalle proprie ceneri, ricomponendo il cuore andato in pezzi e ripartendo con il racconto del proprio progetto creativo forzatamente interrotto. Romeo Gigli, un pezzo pregevole della recente storia della moda italiana, ha vissuto lo strazio della perdita del proprio nome utilizzato per far uscire collezioni disegnate da altri. «Dopo questo periodo di stacco e dopo un’esperienza dolorosa ma esorcizzante, sento la grande gioia di ripartire» ci confessa a proposito della nuova linea che ha come nome la sua data di nascita in numeri romani, ossia il 12 dicembre 1949 (XII XII XLIX par Romeo Gigli) e che viene prodotta in licenza da Fuzzi. «Di solito - spiega lo stilista che aveva sconvolto gli anni Ottanta facendo irrompere nel power dressing la sua visione poetica e minimalista - quando sei nel vortice del lavoro sei fagocitato da ritmi ossessivi e ogni tanto perdi il tuo punto di vista. In questo tempo di assoluto distacco, ho avuto la possibilità di pensare e di riappropriarmi del mio progetto» dice Romeo che presenta dal 4 marzo a Parigi, in rue Saint Roch, la nuova collezione femminile: 35 pezzi in jersey e maglia tra i quali spettacolari cappotti di felpa foderati di raso. Un primo passo verso una linea completa che molti fan attendono sapendo perfettamente che i prodotti che circolano con il nome del colto stilista nulla hanno a che fare con la sua creatività.
«Ricomincio da capo e mi sento ringiovanito». Con queste parole Alessandro Dell’Acqua commenta il suo debutto, dopo sei mesi di fermo. Motivo: problemi con l’azienda che produceva la sua collezione e che oggi detiene ancora il marchio. Togliere il nome a uno stilista è come togliergli l'anima. Una sciagura soprattutto quando da una parte c’è il designer che tenta di ricomprarselo e dall’altra un proprietario che alza la posta rendendo di fatto l’operazione impossibile. Nel caso di Dell’Acqua, che lanciò la propria griffe nel 1996 affermandosi a livello internazionale, per fortuna più che la depressione e il dispiacere ha potuto la passione per questo lavoro. «Sono felice di ripartire, di poter decidere tutto da solo» ci dice dopo aver presentato la prima collezione col nuovo brand N°21 di cui è direttore creativo. «Questo periodo d’inattività è stato come una seduta psicanalitica: mi sono chiesto di cosa effettivamente avessero bisogno le donne e ho sviluppato un progetto di moda quotidiana e concreta» afferma parlando di una collezione per il prossimo inverno 2010 fatta di 80 pezzi dedicati al daywear nello stile caro alla Monica Vitti dei film di Michelangelo Antonioni. Una svolta che si traduce in tantissima maglieria - un tema dove lo stilista eccelle per bravura e innovazione -, pochi capispalla, meno trasparenze e meno chiffon.
Caduto sulle proprie sciagure dovute alla dipendenza dalla cocaina e alla vita spericolata di giovane troppo ricco e troppo viziato grazie alle fortunate T-shirt che avevano fatto in poche stagioni il giro del mondo con il famoso marchio della margherita, Matteo Cambi, ex titolare del brand Guru, ha vissuto i disastri del crac economico, dell’arresto, della perdita di tutto, in particolare di se stesso. Risorto grazie alle cure di un bravo psicoterapeuta, è tornato sulle scene con un marchio che la dice lunga: Free (volutamente con due e) e il sottotitolo back to life. Libero insomma di tornare a essere se stessi dopo aver spezzato le catene della schiavitù dalle droghe.

Non a caso, biasimando Morgan e le sue recenti dichiarazioni, lui scrive su una maglietta un monito utile per tutti i ragazzi: no more snow, basta neve! E mentre le vendite ricominciano a volare con felpe e magliette, Matteo, 32 anni, ritorna a vivere e lavorare.

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