Gioca stile anni ’80 e fin qui ha fatto meglio di Federer e Nadal alla sua età

Gioca stile anni ’80 e fin qui ha fatto meglio di Federer e Nadal alla sua età

Il ragazzo veste, gioca e serve stile Anni ’80 e non c’è nessuno come lui. Sarà forse per quell’aria un po’ retrò, sarà in fondo perché fin da piccolo è stato abituato a tirare forte sulla vita: «Per allenarmi usavo una macchina sparapalle: o prima dell’alba o dopo il tramonto. Andavo in campo alle 6.30 di mattina o alle 9 di sera, perché a quelle ore i campi costavano meno».
Milos Raonic, montenegrino di nascita, canadese dall’età di 3 anni, ha imparato insomma che bisogna fare muro a tutte le incertezze, e proprio per quello - come appunto negli anni mitici dell’era McEnroe, ha imparato bene a fare due cose: servizio e volèe. Il resto è tirare.
Così, adesso, a soli 21 anni e alla vigilia degli Australian Open di tennis - primo Slam del 2012 - che sono cominciati stanotte (diretta su Eurosport) è arrivato non solo alla venticinquesima posizione del ranking mondiale, ma anche - la settimana scorsa a Chennai - al venticinquesimo torneo Atp disputato con un record di 3 finali, 2 vittorie (con quella in India), 36 vittorie e 23 sconfitte. Un record che ha una caratteristica: è il migliore di tutti.
Raonic insomma è il newcomer del circuito, quello insomma che tutti guardano come un possibile futuro fenomeno e che al primo turno il nostro Filippo Volandri guarderà da vicino, visto che se lo ritroverà dall’altra parte della rete. Per dirla tutta, allo stesso punto della carriera, Federer - il fenomeno Federer - contava una sola finale e neanche vinta, Nadal due finali e una vittoria, Djokovic lo stesso. E stiamo parlando, in ordine sparso, dei soliti primi tre.
Raonic ha già fatto sorpasso, e visto che giusto un anno fa si rivelò al pubblico di Melbourne approdando agli ottavi di finale, non c’è dubbio che questo potrebbe essere il suo anno: «Devo migliorare molto sulla terra, ma su erba e sintetico mi sento molto a mio agio». Lo capì proprio Rafa Nadal la prima volta che lo incontrò e dopo averlo battuto a fatica («Questo ragazzo può essere uno da primi posti del mondo»), lo pensa in fondo anche lui, che da piccolo registrava tutti i match di Pete Sampras per capire come diventare un numero uno: «Mi piaceva vederlo: servizio e smash, i miei colpi preferiti». Semplici, per altro, come insegnavano allora.
E dunque ecco: se è vero che il tennis maschile si presenta in Australia con i soliti quattro favoriti, in fondo ci potrebbe anche essere spazio per una favola. Perché Djokovic ha un sacco di punti del favoloso 2011 da difendere, Nadal pensa che a fine carriera forse non si sentirà così bene ed è un po’ nervoso («Sono un po' preoccupato di come potrei stare quando avrò smesso di giocare. Facile fare il gentiluomo come Federer e dire che va tutto bene, con quel fisico che ha...»), Federer ribadisce che senza Mirka non è nessuno e Murray deve fare affiatamento con Ivan Lendl, suo nuovo coach.

Mentre Milos, tranquillo tranquillo, twitta felice sull’Atp race, che è solo la classifica dell’anno solare dopo i primi tre tornei ma potrebbe in futuro coincidere anche quella che assegna lo scettro del ranking: «Ho raggiunto la mia classifica più alta in carriera alla pari con Murray e Tsonga: il numero uno. Ah Ah». Come dire: i sogni nascono all’alba. E senza più bisogno di sparapalle.

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