Giochi pericolosi dietro l’asse tra Iran e Russia

Alberto Indelicato

Quando i tre negoziatori - Gran Bretagna, Germania e Francia - avevano cercato di ottenere da Teheran che rinunciasse alle sue velleità nucleari militari, facendo anche leva sull’Agenzia internazionale dell’energia atomica di Vienna, la Russia aveva fatto chiaramente intendere che avrebbe ostacolato in ogni modo il rinvio della questione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. In ogni caso, essa avrebbe lì esercitato il suo diritto di veto nei confronti di qualsiasi misura che dispiacesse al governo iraniano. E quest’ultimo, evidentemente rassicurato dall’appoggio di un così importante protettore, non ha mancato di sfidare ancora una volta la comunità internazionale. Esso ha inviato a Vienna un rapporto sulla tecnologia necessaria per la fabbricazione del nucleo esplosivo di una bomba atomica, ammettendo di «disporre di quel documento sin dal 1987, quando lo aveva ottenuto da una rete clandestina in Pakistan», rete clandestina di cui tutti conoscono nome e cognome.
Ma Teheran, oltre a non spiegare come mai per tanti anni non abbia mai fatto cenno all’Aiea di quel documento, di cui - a suo dire - non ha mai fatto uso, continua ad impedire agli ispettori di accedere a siti militari. Pochi giorni addietro, inoltre, il parlamento di Teheran ha votato una legge che annulla tutte le misure adottate negli ultimi tre anni per soddisfare le richieste della troika europea e della stessa Aiea. Il direttore generale dell’Aiea si è detto preoccupato e ha precisato che in queste condizioni l’Iran ha bisogno soltanto di pochi mesi per produrre un’arma nucleare. E tuttavia egli ha voluto mostrarsi ottimista, dicendosi fiducioso che ormai, dopo tre anni di discussioni, «la questione sarà risolta entro il 2006». Non è forse un periodo troppo lungo rispetto ai pochi mesi necessari per fare la bomba? Gli europei speravano che Teheran avesse almeno accettato la proposta della Russia di arricchire l’uranio iraniano nel suo territorio e ciò ai fini di garantire che esso non sarebbe stato convertito in combustibile di qualità militare, ma Teheran ha rigettato seccamente la proposta. Mosca non se ne è adontata ed anzi ha rafforzato la sua cooperazione con l’Iran proprio nel settore nucleare. La costruzione della centrale di Busheher - ha dichiarato Putin - è una priorità per le relazioni russe-iraniane.
Come se tutto ciò non bastasse la Russia ha concluso ora con l’Iran un contratto per la vendita di missili terra-aria per un valore di un miliardo di dollari. La notizia è essa stessa una bomba, sia perché inattesa (nel 1995 la Russia si era impegnata con gli Stati Uniti a non vendere armi convenzionali all’Iran), sia perché quella fornitura muterà l’equilibrio strategico nel settore. Teheran sostiene che i missili sono difensivi e serviranno a proteggere le sue centrali nucleari da attacchi improvvisi.

Ma perché le centrali dovrebbero essere attaccate se sono - come si assicura - esclusivamente civili? Le iniziative iraniane e le minacce più o meno implicite ad Israele sono allarmanti, ma non meno preoccupante è l’atteggiamento russo di cui, al di là degli interessi economici, non si vede la razionalità politica.

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