Giochi (quasi) fatti per i candidati del Pdl

Scelto il nome per il dopo Bassolino: è Caldoro. In Puglia ancora in corsa quattro sfidanti. L’ultima parola a Berlusconi. Da sciogliere i nodi nelle Marche e in Umbria. In Toscana favorito Migliori. Il premier va a Venezia e Galan depone le armi: "Farò votare Zaia ai miei"

Giochi (quasi) fatti per i candidati del Pdl

Roma Adesso si può scrivere senza l’uso del condizionale: sarà Stefano Caldoro il candidato del Pdl per la corsa a governatore della Campania. È fatta, anche se bisognerà attendere due passaggi formali. Il primo avverrà domani mattina, quando Nicola Cosentino e Mario Landolfi, coordinatore e vice-coordinatore regionali, ufficializzeranno in conferenza stampa la scelta sancita ieri dai vertici locali. Il secondo si avrà mercoledì, con la ratifica definitiva dell’Ufficio di presidenza nazionale. Ma la sostanza non cambia. E si risolve così la querelle su una delle principali caselle del puzzle da chiudere, in vista delle elezioni di marzo. Un disco verde che giunge, tra l’altro, all’indomani delle rassicurazioni telefoniche fornite al segretario del Nuovo Psi da Silvio Berlusconi, con tanto magari di in bocca al lupo per la sfida non certo facile.

IL NODO PUGLIESE
Ma se in Campania si tira un sospiro di sollievo, ancora in dubbio la partita in Puglia, dove s’interseca non poco, come avviene per la verità in altre realtà territoriali, il dilemma Udc. Se da una parte, infatti, il premier mantiene una linea intransigente, stufo dei tentennamenti di Pier Ferdinando Casini e convinto di poter fare pure a meno dell’apporto dei centristi, un’ala del Pdl continua a lavorare sottotraccia, nel tentativo di portare a casa un’alleanza che, soprattutto al Sud, potrebbero rivelarsi decisivi. Così, in Puglia, dove l’affare si complica per le primarie nel centrosinistra tra Nichi Vendola e Francesco Boccia, a cui l’Udc guarda da vicino, sempre quattro i nomi che circolano: Stefano Dambruoso, Antonio Distaso, Rocco Palese e Adriana Poli Bortone. L’eventuale virata sull’ex sindaco di Lecce, a colloquio venerdì dal Cavaliere, potrebbe in qualche modo scompaginare le carte a Casini. La sua candidatura, infatti, potrebbe spaccare il fronte pugliese dell’Udc, attirando a sé magari i consensi di diversi quadri locali del Pd, qualora dall’altra parte la spuntasse Vendola. Si vedrà.

I SICURI E I «PAPABILI»
A parte le candidature definitive (i leghisti Luca Zaia e Roberto Cota in campo per il centrodestra in Veneto e Piemonte, Roberto Formigoni in Lombardia, Sandro Biasotti in Liguria, Giancarlo Mazzuca in Emilia-Romagna, Renata Polverini nel Lazio, Giuseppe Scopelliti in Calabria), ancora dubbi nelle restante regioni. Nelle Marche, in pole position è Stefano Aguzzi, attuale sindaco di Fano, riconfermato lo scorso giugno con il 62,19% dei consensi (con la sua lista civica ottenne il 26,7%, cinque punti in più del Pdl), operaio ed ex capo organizzazione del Pci, sostenuto dal centrodestra dal 2004. In lizza pure Federico Vitali, già presidente di Confindustria Marche. Corsa a tre invece in Umbria: mantiene i favori del pronostico Luisa Todini, l’imprenditrice a lungo in predicato per il Lazio, a cui si affiancano Fiammetta Modena e Claudio Ricci. In Basilicata si traccia al momento solo l’identikit di Egidio Digilio. In alto mare la partita in Toscana, dove l’unica opzione sembra essere quella di Riccardo Migliori. Suggestiva ma poco praticabile l’ipotesi per cui il Pdl appoggi Oliviero Toscani, candidato per i Radicali, che ha chiesto apertamente il sostegno del centrodestra. Un appello verso cui Berlusconi appare più che freddino.

AZZURRI, CHE FATICA
Si chiude il capitolo totonomine. E si aprono altri due filoni. Il primo è legato al «malumore» degli ex azzurri, ancora presente sotto sotto, nei confronti dello strapotere manifestato da Lega (Zaia e Cota) e An (oltre a Polverini e Scopelliti, in ballo ci sarebbero pure Digilio e Migliori), che viene derubricato adesso a «rassegnazione». Come dire: «C’è poco da fare, tocca a Berlusconi decidere, quindi dobbiamo accettarlo e va bene così», si lascia scappare un deputato. A cui si aggiunge però il punto di vista di un senatore di lungo corso: «La verità e che non è sempre facile esprimere nomi all’altezza, se non scendono in campo i big. Semmai, onestamente, l’unico sacrificato è stato Galan».

L’UDC E I DUE FORNI
Ma a tenere banco è anche l’arcinota «politica dei due forni» associata di continuo al partito di Casini. La contesta Ignazio La Russa, tanto per cominciare, che puntualizza: «Se vogliono allearsi con noi in Lombardia, lo devono fare anche in Piemonte e Liguria». Così, nonostante a carattere nazionale «ogni accordo con l’Udc sia ormai precluso», a livello locale «ci possono essere condizioni per trovare un’intesa, ma solo se ci sarà una opportunità concreta. In ogni caso questa sarà una decisione che spetterà solo a noi». In parte ironico il commento del leghista Roberto Calderoli: «A furia di praticare la politica dei due forni, si rischia di finire arrosto». Nella sostanza, il ministro la mette giù in questa maniera: «Non so proprio come si possa allearsi con comunisti e abortisti e poi pensare di chiedere alleanze con noi che siamo anticomunisti e per la vita. E non so come si possa, con questi alleati, chiedere poi anche i voti dei cattolici».

Prova a stemperare i toni il democristiano Gianfranco Rotondi: «Non ha senso polemizzare con l’Udc, perché gli accordi in Campania e Lazio sono solo programmatici e, quindi, senza rilievo politico nazionale. Affronteremo il tema alle prossime elezioni politiche». Intanto, è già bagarre.

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