Giorgio VI è il vero re degli Oscar e occhio alla baby con «Grinta»

Eccola la notte degli Oscar. L’America resta sveglia, anche perché lì è giorno, mentre l’Europa se la dorme. Stare su dalle 2.30 fino all’alba inoltrata è più roba da vigilantes che da appassionati. I bookmaker si sono scatenati, come impone il loro remunerativo mestiere, con quote in certi casi da fame, ovvero con candidati talmente favoriti che scommettendo dieci euro se ne portano a casa undici (puntata compresa). Quasi quasi meglio i Bot. Gioco per gioco, anche noi del Giornale abbiamo scelto i nostri preferiti, che non è detto corrispondano al verdetto della giuria. Che, non dimentichiamolo, in passato ha bocciato Orson Welles, Hitchcock, Marlene Dietrich, Greta Garbo, Cary Grant. Mah.
Film Il discorso del re. Non c’è gara. La storia di re Giorgio VI, timido e balbuziente, che a differenza di qualsiasi politico, non solo inglese, detestava la poltrona, emoziona e commuove. Forse 12 nomination sono troppe, ma il film è un gioiello di misura, eleganza e anche umorismo. Di pura stoffa inglese, ovviamente. Che andrebbe proiettato nelle scuole, tanto per far scoprire ai nostri ragazzi chi fu il bisnonno di William e Harry. Troppo tecnologico The Social Network, esageratamente ingarbugliato Inception, inferiore alle attese Il Grinta, più sovreccitato che eccitante Il cigno nero.
Regista Tom Hooper. Il semisconosciuto regista di Il discorso del re la spunta d’un baffo su David Fincher (The Social Network) e i fratelli Coen (Il Grinta). Più distanti David Russell (The Fighter) e Darren Aronofsky (Il cigno nero). Nessuno dei cinque candidati sarebbe un vincitore abusivo. Raro trovare un pokerissimo così ben assortito. Anche se, alla fine conquista la raffinatezza di Hooper.
Attore protagonista Colin Firth. Come si fa a non premiare Giorgio VI? Quando è davanti al microfono, mentre tenta di leggere un discorso alla nazione e la voce gli si inceppa, il cuore di chi guarda ha un sobbalzo che dura un’eternità. Grandissima interpretazione. Con il sostanzioso apporto, nell’edizione italiana, del doppiaggio di Luca Biagini. Quanto agli altri nominati, Jeff Bridges (Il Grinta) fa largamente rimpiangere John Wayne, James Franco (127 ore) è bravissimo e tanto giovane, si rifarà. Jesse Eisenberg (The Social Network) non buca lo schermo, il gigionissimo Javier Bardem (Biutiful) buca anche lo stomaco con uno dei film più barbosi della stagione.
Attrice protagonista Natalie Portman. Brava e antipatica protagonista di Il cigno nero, sopravvalutato mix di dramma, passione, erotismo. E noia. Eccellente anche la stagionata Annette Bening, ultima moglie di Warren Beatty. Sposata a colui che è stato a lungo il più bello di Hollywood convince poco come moglie (o marito?) della coetanea, molto meglio conservata, Julianne Moore nel banale melò lesbico I ragazzi stanno bene. Troppo affranta e gramagliosa la Nicole Kidman del ruffianissimo Rabbit Hole. Anche la giovanissima Jennifer Lawrence (Un gelido inverno) avrà modo di rifarsi. Magari con film dove si sbadigli meno.
Attore non protagonista Geoffrey Rush. Imbattibile il logopedista anticonformista che cura dalla balbuzie re Giorgio. Rush è un portento di goffaggine e simpatia, oltre che di eclettismo, se lo ricordate in Shine. Bravi comunque l’irsuto Mark Ruffalo in I ragazzi stanno bene, Jeremy Renner, rapinatore schizzato di The Town, Christian Bale, frustrato allenatore di boxe in The Fighter, e lo sfigato, anche per essere capitato in un film così lugubre, John Hawkes di Un gelido inverno.
Attrice non protagonista Helena Bonham Carter. Una perfetta regina. Basta vedere con quale trepidazione segue il marito Colin Firth in Il discorso del re. Non è bella, ma che talento. Però occhio alla Hailee Steinfeld del Grinta, un titolo che vale anche per lei, 14 anni come il personaggio e una carriera spalancata. Occhio però all’eccellente Melissa Leo (The Fighter), più incisiva di Amy Adams (stesso film) e Jacki Weaver (Animal Kingdom).


Film straniero Impossibile scegliere, perché due film - quello greco e quello algerino - per fortuna sono ancora inediti in Italia. Il messicano Biutiful è una pizza micidiale, come il danese Un mondo migliore. Meglio allora il canadese La donna che canta, anche se il titolo più giusto è «La donna che canta da cani».

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