Personaggi

L’inventore del salotto tv che ha cambiato la televisione e la politica

Il giornalista è morto a 84 anni. Il suo talk show ha segnato un'epoca. La mafia cercò di ucciderlo. Mattarella: "Si schierò contro Cosa Nostra"

L’inventore del salotto tv che ha cambiato la televisione e la politica

Gli bastava una battuta. Fulminante, spesso in romano, talvolta irriverente. Maurizio Costanzo, che se ne è andato ieri a 84 anni in una clinica romana, era il pittore delle interviste, le disegnava d'acchito, fiutando l'umore dell'intervistato e ascoltando il rumore del pubblico, la pancia del paese. Aveva imparato, sempre che si possa imparare un talento così, nel 1956 nella redazione di Paese Sera, lui diciottenne romano fornito solo di diploma da geometra e di curiosità indomabile. Non aveva barriere, Maurizio Costanzo, e nell'Italia del boom era il passaporto migliore per volare alto. Passa al Corriere Mercantile, intervista Totò per Tv Sorrisi Canzoni, scrive un programma radio per Nunzio Filogamo, incontra, conosce e si fa conoscere, scrive addirittura il testo (con Ghigo De Chiara) di Se telefonando per le musiche e l'arrangiamento di Ennio Morricone.

Aveva capito che per fare (bene) il giornalista devi incontrare, vedere, annusare l'umore del pubblico. Non a caso nel 1967 conobbe Paolo Villaggio, lo spronò a debuttare in un cabaret romano e poi inventò con lui il personaggio Fracchia, antesignano di Fantozzi, maschere distantissime dal Costanzo battagliero e spigoloso ma fotografie eterne delle paure umane nel senso di uomo.

Durante gli anni Settanta, sempre a cavallo tra radio e tv e vita, questo uomo senza età, praticamente un format con i baffi (per parafrasare lo slogan di uno suo famoso spot per una marca di camicie) pensa, metabolizza e crea l'idea che lo consegna all'eternità, ossia l'idea di talk show che deriva da un'intuizione di Luciano Rispoli ma che è stata davvero sublimata da Bontà loro (1976/78), Acquario e Grand'Italia. Poi la consacrazione. Il Maurizio Costanzo Show debutta su Rete4 a settembre 1982 e, con qualche interruzione, è andato in onda fino all'autunno scorso, quarant'anni, il talk show più longevo della tv italiana, oltre trentamila ospiti, interviste memorabili, interviste che, attraverso il memorabile «Uno contro tutti», hanno cambiato la politica e pure il costume di un'Italia che lo incorona come il salotto più influente del nostro paese.

Per tanti anni il Maurizio Costanzo Show è diventato il «laboratorio Italia».

Tutto passava da lì, o addirittura nasceva lì, e tutti lo seguivano. Sul palco del Teatro Parioli sono arrivati decine di ospiti sconosciuti che poi sono diventati opinion leader della vita pubblica. Da Sgarbi a Mughini, da Platinette a Iacchetti a Ricky Memphis ad Alessandro Bergonzoni. Memorabili i passaggi dei protagonisti politici, da Massimo D'Alema a Silvio Berlusconi che aveva saputo togliere Costanzo dall'orbita Rai e che ha sempre garantito, quasi legittimandosi, la massima libertà politica a questo giornalista d'assalto ma pure di chiacchiera, un maestro del cambiamento di fronte.

Come ha scritto Gian Paolo Caprettini, era un maestro delle «interviste interruttive», ossia riusciva a «far dire, a far seguitare la conversazione e il ragionare, inframmezzandosi al discorso altrui e nello stesso tempo rendendolo possibile». Con lui l'intervista era intrattenimento ma pure inchiesta, fotografia sociale ma pure cabaret, divulgazione ma anche recensione.

Era partito con il Maurizio Costanzo Show l'anno dopo la scoperta della sua iscrizione alla loggia massonica P2 di Licio Gelli che dopo anni definì «un gruppo di farabutti e cretini come me». Fu lo squarcio più drammatico e misterioso della sua carriera. Lasciò la direzione del quotidiano tabloid L'Occhio e iniziò un'altra fase. Era così apolitico da diventare politico, faceva opinione dicendo raramente la propria, era insomma un punto di riferimento così importante che anche la mafia lo prese nel mirino. «Non esitò a schierarsi con coraggio contro la criminalità mafiosa», ha detto ieri il presidente Mattarella. Amico del giudice Falcone, dopo l'assassinio di Libero Grassi organizzò una «maratona Rai Fininvest» con Michele Santoro. La mafia ringraziò con una Fiat Uno imbottita da 90 kg di tritolo che esplose in via Fauro a Roma, poco distante dal Parioli. Di fianco a lui, in auto, Maria De Filippi, la sua quarta moglie, quella definitiva e senza dubbio quella che l'ha amato di più, la donna che aveva sempre atteso: «Vorrei morire con lei che mi stringe la mano» ha detto poco tempo fa. Lei lo ha fatto idealmente e praticamente per oltre vent'anni, caso rarissimo di sintonia e sinergia, e chissà quanto dolore oggi per Maria e per il loro figlio adottivo Gabriele.

Ora Costanzo entra nel Pantheon di chi ha creato una forma nuova di tv, da Mike a Corrado, e vanta più imitazioni della Settimana Enigmistica. Nessuno per decenni ha immaginato un'Italia senza Maurizio Costanzo o senza quel modo garbato ma impertinente di raccontare la vita e da oggi ci sarà un prima e un dopo, un AC e un DC, un ante Costanzo e un dopo Costanzo. È stato uno spartiacque dell'informazione, oltre che un recettore di invidia e malelingue, e ha cristallizzato la forma perfetta di intervista, quella fatta da chi è informato dei fatti ma ha anche voglia di informare tutti, non solo i propri colleghi o referenti.

Anche in questo resterà un maestro (al momento con pochi discepoli).

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