Il giorno del «botto» ci aiutavano tutti Ora siamo invisibili

(...) «Un modo come un altro per attirare l’attenzione» conclude amaramente Rabiolo parlando del gesto di Barovier. Anche se adesso il suo appartamento è stato sequestrato e sigillato. E non sa quando mai potrà tornarci dentro. Come la signora Paone. Come quel fuori di zucca di Barovier che ora rischia 24 anni per strage, ma vista l’età e il suo stato mentale non li farà mai e probabilmente verrà ricoverato: un’esperienza non nuova per lui, già «ospite», negli anni scorsi, dell’ospedale psichiatrico-giudiziario di Montelupo Fiorentino. Insomma, almeno per un po’ non si dovrà porre il problema di avere un tetto sulla testa. L’esatto contrario del signor Rabiolo.
«La signora Paone si è potuta rifugiare a casa del figlio - fa notare Rabiolo -, mia madre è stata accolta subito e, devo ammetterlo, in maniera molto tempestiva, dai Servizi sociali che, vista la grave malattia di cui soffre, l’hanno fatta ricoverare al San Paolo. Ma io e la nostra povera badante? Il Comune, dopo aver pagato un albergo a me e a lei per tre giorni, adesso ci ha lasciati per strada. Io ho sporto denuncia contro Barovier, come mi hanno invitato a fare i poliziotti. Gli stessi che, gentili ma comprensibilmente impotenti in una situazione come questa, mi hanno detto che non sanno proprio quando potrò rientrare in possesso della mia abitazione. E io ho dovuto affittare un appartamento in piazza Bolivar totalmente a mie spese.

Eppure il primo giorno, quello della strage sfiorata, sono arrivati il 118, le forze dell’ordine, i vigili urbani e i pompieri, persino gli uomini della Protezione civile che ci hanno scortati in albergo! E adesso che abbiamo più bisogno ci abbandonano tutti? In una megalopoli come la nostra servirebbe un fondo messo a disposizione dal Comune per casi d’emergenza come questo. Ma non esiste».

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