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Il giorno dei dittatori-canaglia: minacce all’ombra della Bomba

È stata la giornata degli Stati canaglia. I protagonisti di un inquietante bullismo regionale reso sempre più arrogante dalla possibilità di giocarsi, ora o in un non lontano futuro, la carta pigliatutto della bomba atomica. Quell’Iran e quella Corea del Nord la cui vera ambizione è di stringere con altri nemici giurati dell’Occidente un’alleanza trasversale in grado di rendere inattaccabili i loro regimi oppressivi e aggressivi.
Ieri Teheran ha fatto sapere al mondo che è entrata in funzione la centrale nucleare di Bushehr, che rappresenta il cuore del programma atomico iraniano, apertamente sospettato di nascondere un filone militare clandestino destinato alla produzione di bombe atomiche. E Pyongyang ha fatto sfoggio delle sue peggiori modalità nelle relazioni con i vicini-nemici del Sud offrendo dapprima delle scuse pelose per le vittime provocate dalla sua recente aggressione militare, salvo dare la colpa dell’accaduto alle vittime stesse e poi minacciare oscure conseguenze per l’arrivo della portaerei americana nelle calde acque del Mar Giallo.
Due modi diversi di muovere un passo avanti verso lo stesso obiettivo. L’Iran con una tappa “lecita” (l’uranio arricchito per far funzionare Bushehr viene fornito dalla Russia) che non fa minimamente svanire i sospetti sulle sue vere intenzioni, la Corea del Nord con i suoi soliti metodi gangsteristici: atti di violenza e minacce intervallati da finti ripensamenti.
Nel dettaglio, è stato lo stesso capo dell’agenzia atomica iraniana, Ali Akhbar Salehi, ad annunciare l’apertura della centrale di Bushehr. «Senza propaganda né fanfare - ha detto il responsabile della politica nucleare della Repubblica islamica - abbiamo finito di installare tutte le barre di combustibile e chiuso la calotta del reattore. Ora stiamo aspettando che l’acqua nel cuore del reattore a poco a poco si scaldi. Ed entro un mese o due l’elettricità prodotta a Bushehr (che ha una capacità di mille megawatt) dovrebbe essere immessa nella rete elettrica nazionale». Salehi ha anche annunciato che dallo scorso febbraio l’Iran ha prodotto 35 chili di uranio arricchito al 20 per cento: quello dell’arricchimento è il punto di maggiore frizione con la comunità internazionale, visto che quel combustibile nucleare può essere usato anche per fabbricare ordigni atomici. Un tema che sarà certamente al centro dei colloqui tra Teheran e il “5+1” dal prossimo 5 dicembre a Ginevra. Questo mentre i militari americani mettono nuovamente in guardia contro il programma nucleare iraniano: l’ammiraglio Mike Mullen, capo di stato maggiore interforze, ha dichiarato che il regime integralista islamico è sulla via di procurarsi armi atomiche e ha raccomandato un approccio «realistico» che dia il giusto significato alla politica del confronto e del dialogo.
Quanto alla Corea del Nord, il capitolo di ieri non fa che confermarne l’ormai nota protervia. L’agenzia ufficiale del regime comunista, la Kcna, ha usato un linguaggio contradditorio per definire prima «incresciosa» la morte (su cui ha comunque avanzato di dubbi) di due civili sudcoreani nel bombardamento dell’isola di Yeonpyeong e poi, incredibilmente attribuire a Seul la responsabilità di quelle morti: la Corea del Sud, secondo la propaganda del Nord, avrebbe usato i civili come “scudi umani” a protezione delle installazioni militari dell’isola. Un tipico esempio di attribuzione ai nemici del campo occidentale di una mentalità che gli è estranea ma che loro sarebbero pronti ad applicare. Il resto delle dichiarazioni nordcoreane di ieri rientrano invece nell’abituale categorie delle minacce: «Il nostro esercito - ha affermato il Comitato per la riunificazione pacifica della Corea senza rendersi conto della contraddizione in termini - ha i cannoni pronti e se gli invasori oseranno introdursi sul nostro territorio terrestre, aereo o marittimo, trasformeremo il cuore del nostro nemico in un mare di fuoco». Le manovre, ha aggiunto il Comitato, sono «una nuova intollerabile provocazione contro di noi» che viene «orchestrata dagli Stati Uniti».
Intanto il confronto si sposta sull’asse Washington-Pechino.

Il consigliere di Stato cinese Dai Bingguo si è recato a Seul, mentre il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha nuovamente chiesto alla Cina di premere sui nordcoreani perché «cambino politica».

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