Quarantotto ore per decidere il destino di Gm, Ford e Chrysler e il futuro di tre milioni di famiglie, tante sono quelle che negli Usa vivono grazie allindustria automobilistica. Domani e giovedì gli amministratori delegati delle tre grandi malate si presenteranno davanti al Congresso.
Il giorno del giudizio è dunque arrivato: Rick Wagoner, Alan Mulally e Bob Nardelli sanno che non possono sbagliare. I piani di ristrutturazione delle rispettive aziende, preparati a tempo di record, dovranno convincere il Congresso a concedere uniniezione che è lievitata a 34 miliardi di dollari, medicina che permetterebbe alle ex Big Three di riorganizzarsi e intervenire sulle strategie produttive. Intanto, come prima buona azione, sia Wagoner (a bordo di una Chevrolet Malibu ibrida) e sia Mulally hanno deciso di raggiungere Washington in macchina, sobbarcandosi la lunga trasferta dai quartieri generali di Detroit e Dearborn, nel Michigan. Nardelli potrebbe invece raggiungere la capitale mischiato tra i normali passeggeri di un aereo di linea. Il messaggio dei tre top manager è chiaro: «Siamo disposti a fare delle rinunce, pur di salvare le società, rimettendoci soprattutto di tasca nostra (Mulally dai 21 milioni incassati nel 2007 sarebbe pronto a scendere a un dollaro insieme ai due ad di Gm e Chrysler, ndr)». Lurgenza di ottenere garanzie dal governo è evidente osservando i dati delle immatricolazioni negli Usa a novembre: meno 35% il mercato, con Gm sotto del 41%, Ford del 30,6% e Toyota, che ha tagliato i bonus ai manager, del 33,9%. Affiorano, inoltre, i primi particolari su quanto Wagoner, Mulally e Nardelli riferiranno nelle prossime ore. Un prestito ponte demergenza lo chiederanno Ford e Chrysler. Nel primo caso lammontare è di 9 miliardi di dollari da utilizzare solo nel caso in cui le condizioni dellindustria automobilistica peggiorino o se una delle case automobilistiche Usa fallisse. Sempre Ford, inoltre, prevede di raggiungere il break even nel 2011 attraverso un piano «lacrime e sangue»: stop a bonus e aumenti premio. Per Chrysler un prestito ponte da 7 miliardi è legato «al mantenimento dei nostri posti di lavoro».
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