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Il giorno della svolta: fabbrica salva. E' il Pd ad andare in mille pezzi

Il successo di Marchionne. In Campania occupazione e salari più alti. Flop della linea oltranzista, i democratici si spaccano

Il giorno della svolta: fabbrica salva. E' il Pd ad andare in mille pezzi

Passato l’accordo (su Pomigliano), gabbata la Fiom, al cui interno cominciano a serpeggiare malumori rispetto alla linea del leader Maurizio Landini che, tanto per cambiare, ha proclamato uno sciopero per il prossimo 28 gennaio. Una decisione illogica, ben sintetizzata da Raffaele Bonanni (Cisl): «Mentre un sindacato minoritario punta solo al conflitto e a organizzare scioperi, le altre sigle pensano a come far uscire i lavoratori e le loro famiglie dalla precarietà e dalle incertezze». La ripartenza in pompa magna dello stabilimento di Pomigliano d’Arco, dopo che ieri Fiat e sindacati hanno messo nero su bianco sul modello contrattuale extra Confindustria, è di portata storica. Funge, infatti, da apripista per le future piattaforme lavorative che saranno applicate nelle altre fabbriche del gruppo, a partire da Mirafiori, sempre che le tute blu di Torino chiamate alle urne a metà gennaio diranno «sì» al piano Fiat. Resta da vedere se Fim, Uilm, Fismic e Ugl, una volta avviata «Fabbrica Italia», con le altre tranche dell’investimento di 20 miliardi da parte del Lingotto, riusciranno nei prossimi mesi a trovare la convergenza sull’opportunità o meno che il gruppo automobilistico guidato da Sergio Marchionne rientri nell’alveo confindustriale. La Fismic è per il «no» («Abbiamo posto le condizioni per fare prossimamente un contratto per l’auto fuori da Confindustria e da Federmeccanica - argomenta il segretario generale Roberto Di Maulo -; per il momento siamo fuori da Federmeccanica e auspico che non ci rientriamo proprio». Più prudente, invece, la posizione di Fim, Uilm e Ugl. «È un contratto provvisorio - ha evidenziato Bruno Vitali, segretario nazionale della Fim - un documento ponte di due anni; alla fine del 2012 dovremo discutere le modalità di reingresso in Confindustria».
Il nuovo contratto, a questo punto, sarà applicato da gennaio nella Newco «Fabbrica Italia Pomigliano», la società che gestirà l’impianto per la produzione della nuova Panda e che assumerà a regime circa 4.600 lavoratori. L’accordo recepisce gran parte della parte normativa del contratto dei metalmeccanici applicandola all’attività di assemblaggio delle auto. I punti salienti riguardano un incremento salariale medio di 30 euro lordi per dodici mensilità e un nuovo inquadramento professionale con la definizione di 5 gruppi professionali e di fasce intermedie che consentirà più facilità di promozioni. L’intesa stabilisce anche l’applicazione dello Statuto dei lavoratori che prevede una rappresentanza alle sigle firmatarie.
Con il documento definito ieri, verranno assunte già da gennaio alcune decine di lavoratori, principalmente impiegati e tecnici. Gli altri rimarranno in cassa integrazione e con ore dedicate alla formazione. Il passaggio più consistente di personale alla nuova società è previsto tra maggio e giugno, mentre le riassunzioni si completeranno per la fine del 2011: nell’autunno dell’anno prossimo, infatti, è previsto l’avvio a regime della produzione della nuova Panda.
Il ciclone Marchionne, la cui potenza si avverte anche quando l’amministratore delegato del Lingotto si trova distante migliaia di chilometri da Torino (ieri era negli Usa), oltre a ridisegnare gli equilibri sindacali, sta incidendo pesantemente anche sulle forze politiche della sinistra. All’interno della Fiom c’è chi comincia a prendere coscienza dell’isolamento e della politica harahiri portata avanti dalla segreteria. Ecco allora Fausto Durante, membro della minoranza, criticare apertamente il leader Landini: «La sua linea non ha impedito a Fiat di procedere, né evitato gli accordi separati; ora servirebbe una battaglia politica forte per il “no” al referendum, ma con la disponibilità ad accettare un eventuale esito favorevole all’intesa, attraverso una “firma tecnica” che permetta alla Fiom di continuare il suo impegno all’interno della fabbrica».
Caos assoluto all’interno del Pd e nei rapporti tra sinistra e Cgil dopo l’esternazione di Piero Fassino, aspirante sindaco di Torino, pronto a votare «sì» all’accordo per Mirafiori. D’accordo con Fassino è il collega di partito Luigi Bobba (commissione Lavoro). Contro lo sciopero del 28 gennaio si pronuncia Enrico Farinone (commissione Affari europei): «Una decisione che radicalizza lo scontro, bisogna rispondere alle sfide con spirito innovatore». E se per l’ex sindacalista Sergio D’Antoni, sempre del Pd, «l’accordo su Pomigliano è da accogliere con soddisfazione», per Marco Rizzo (Comunisti sinistra popolare) «non ci si può alleare con chi flirta con Marchionne; bisogna costruire un’alternativa anche a questo centrosinistra fallimentare». Gli fa eco Paolo Ferrero (Prc): «Che cosa aspetta la Cgil a dichiarare lo sciopero generale per fermare la strategia golpista e anticostituzionale di Marchionne?». Tutti contro tutti.

È l’effetto del ciclone Marchionne.

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