Enrico Lagattolla
da Milano
«Fatti di estrema gravità». E ancora, «pericolosità sociale dei soggetti che ne sono responsabili» ed «eccezionale animosità e una singolare volontà di contrasto alle autorità, allordine costituito, alle leggi, alla pacifica convivenza». Sono solo alcuni dei passaggi contenuti nelle ordinanze firmate dai due giudici per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, Mariolina Panasiti ed Enrico Manzi. Ordinanze con cui sono stati convalidati gli arresti e sè disposta la custodia cautelare in carcere per 34 dei 35 autonomi ritenuti responsabili della «guerriglia urbana» che sabato scorso ha tenuto in scacco la città per mezzora. Laccusa, a vario titolo, è di concorso morale e materiale in devastazione, incendio, violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Solo E.A., presente in strada al momento degli scontri, ha lasciato il penitenziario di San Vittore. Sostiene Manzi, infatti, che non è possibile stabilire con certezza «che larrestato facesse parte della schiera di dimostranti che stava tentando di forzare il blocco delle forze di polizia e che ha dato luogo alle devastazioni». Domiciliari, invece, per due dei tre minorenni arrestati, mentre la terza - una ragazza - resta indagata in libertà. La Digos, su richiesta del pm Piero Basilone, sta intanto preparando un «dossier» con tutte le foto e i filmati che ritraggono i manifestanti, sulla cui base il magistrato deciderà se chiedere nuove misure cautelari, o la revoca di quelle in atto.
Tra le righe delle due ordinanze, anche una preoccupante annotazione. Perché «solo il caso ha evitato che le incredibili violenze commesse ai danni di persone e cose (basti per tutti il lancio di razzi contro i carabinieri, la distruzione di vetrine, le bombe carta con chiodi, lincendio appiccato e propagatosi ad un edificio) non abbiano comportato conseguenze ben più dolorose di quelle evidenziate dai rapporti di polizia». E poiché gli arrestati hanno dimostrato «di non saper o voler in alcun modo conformarsi al rispetto delle leggi (...) deve considerarsi specificamente sussistente nella sua estensione massima - scrive il giudice Panasiti - lesigenza cautelare specificamente connessa alla necessità di scongiurare la reiterazione ad opera degli arrestati di ulteriori azioni delittuose dello stesso genere di quella per la quale si è verificato larresto».
«Un provvedimento sconcertante», commenta il difensore di alcuni degli autonomi arrestati, lavvocato Mirko Mazzali, che ha annunciato il ricorso al Tribunale del Riesame. In particolare, «sconcerta il fatto che il gip abbia emesso un provvedimento unitario rispetto sia ai gravi indizi sia alle esigenze cautelari, in una situazione che meritava un diverso e specifico approfondimento individualizzato».
Per i giudici, invece, gli episodi sono «valutabili complessivamente, e unitariamente ascrivibili». Inoltre, «gravi» vengono definiti non solo i fatti, ma anche le «modalità esecutive delle azioni realizzate (...) con mezzi particolarmente insidiosi e pericolosi per la vita e lincolumità altrui, tra costoro non esclusi principalmente i cittadini che transitavano a quellora in una zona particolarmente affollata della città di Milano, gli appartenenti alla Polizia di Stato, ma anche ai Carabinieri, che tentavano, in esecuzione dei loro compiti istituzionali, di ripristinare lordine, il rispetto delle leggi e delle prescrizioni dellautorità».
Ed è stata «guerriglia» annunciata, anche secondo i giudici. «Alla luce della osservata contemporanea partenza dei numerosi gruppi dalle rispettive sedi - scrivono -, della direzionalità degli stessi verso un unico punto di ritrovo, del distacco dal gruppo più numeroso di un gruppo più contenuto di persone che poi si sono date alle azioni di devastazione e di incendio, infine, della predisposizione di materiale incendiario esplosivo che i vari manifestanti portavano con loro».
Un provvedimento, quello di ieri, che arriva a due giorni dal presidio in memoria di Davide Cesari detto «Dax», il giovane del centro sociale Orso ucciso nella notte tra il 16 e il 17 marzo di tre anni fa, dopo una lite con alcuni neofascisti. In piazza, davanti al carcere di San Vittore, ancora i centri sociali. Per ricordare «Dax», e chiedere la liberazione dei «compagni».
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