Gip, vince la linea dura: «Basta archiviazioni, danneggiano gli onesti»

È vero, «ogni singola vicenda appare nella sua individualità meritevole di benevola considerazione». Eppure, «il diffuso costume generale di occupare abitazioni di edilizia popolare rappresenta un dato di fatto che deve preoccupare e che impedisce all’Aler di dare doverosa soddisfazione alle necessità di altrettante persone parimenti bisognose». L’ordinanza è datata 29 aprile. Il giudice per le indagini preliminari Giuseppe Gennari respinge la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura per Carolina V., salvadoregna, accusata di aver occupato abusivamente un alloggio pubblico. Perché lo «stato di necessità» - condizione dichiarata da quanti si stabiliscono illegittimamente nelle strutture dell’ex Iacp, e alla quale si appellano per evitare lo sfratto - non solo va dimostrato, ma «è per definizione - rileva ancora il giudice - comune a tutti coloro che, legittimamente, ricorrono all’assegnazione di alloggi popolari».
E proprio lungo il confine dello «stato di necessità» si gioca la partita tra Procura e ufficio gip. L’orientamento dei pm - ai quali nel 2007 sono pervenute 196 denunce dell’Aler - è quello di applicare le linee guida della Cassazione, che ha inserito il «diritto all’abitazione» tra i «beni primari collegati alla personalità». Di qui, dunque, le numerose richieste di archiviazione. In altre parole, l’assenza di un lavoro, una gravidanza, la disoccupazione e la presenza di minori sarebbero ragioni sufficienti perché le querele presentate dall’Azienda lombarda di edilizia residenziale vengano archiviate. Diversa invece la posizione dei giudici, per i quali - fatta salva la peculiarità di ogni situazione - va anteposto il diritto di coloro che regolarmente si sono iscritti nelle graduatorie per l’assegnazione di un alloggio popolare, al bisogno di quanti lo occupano abusivamente. E gli esempi, in questo senso, sono numerosi.
L’ordinanza del 29 aprile, infatti, è solo l’ultima di una lunga serie. In caso di malattia, scrive ad esempio il 13 marzo scorso il giudice Giuseppe Vanore respingendo una richiesta di archiviazione, «la circostanza che l’indagato si sottoponga a una costosa terapia che non gli permetterebbe di prendere in locazione un appartamento, avrebbe dovuto spingerlo non a tenere una condotta illecita, ma a presentare domanda per la concessione di un alloggio di edilizia popolare oppure a cercare un’abitazione in un comune limitrofo a Milano, dove si applichino canoni meno elevati».

O ancora, per il gip Marco Alma una gravidanza «non giustifica di per sé un’azione delittuosa, salvo che si voglia sostenere che il solo fatto di essere incinta» legittimi «un delitto che si risolve nel temporaneo danno di altrettante persone che chiedono l’assegnazione di un alloggio popolare e si trovano indubbiamente in situazione di difficoltà». E se così fosse, «si farebbero prevalere i diritti dei prepotenti e disonesti rispetto a quelli che attendono in condizioni di legittimità» di trovare un’abitazione in cui vivere.

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