La giravolta di Veltroni fa infuriare il Vaticano

da Roma

«Avevamo capito male: la principale stazione ferroviaria di Roma continuerà a chiamarsi Stazione Termini. Non Stazione Giovanni Paolo II né Stazione Termini-Giovanni Paolo II». È un duro atto d’accusa quello de L’Osservatore Romano contro il sindaco di Roma, colpevole di aver precisato, attraverso una lettera aperta a un cittadino, che la cerimonia avvenuta il 23 dicembre scorso aveva il «significato di una semplice dedica, materializzata attraverso la posa di due stele».
Il titolo dell’articolo de L’Osservatore Romano è piuttosto chiaro: «Stazione Termini, nuovo atto: la detitolazione». «Per inciso - puntualizza il quotidiano d’Oltretevere - le stele recano la scritta, chiarissima, Stazione Termini-Giovanni Paolo II. Proprio così: Stazione Termini-Giovanni Paolo II. Eppure avevamo tutti capito male». Così, «fra dedica e intitolazione - conclude il quotidiano del Vaticano - abbiamo assistito a un inedito capolavoro di ibrido politico: la detitolazione».
Puntigliosamente l’Osservatore ricorda che la decisione di intitolare al Pontefice morto nel 2005, legatissimo alla città di Roma, la stazione ferroviaria era stata osteggiata dai «soliti ossessionati laicisti pronti ad alzare la voce. Quei radicali che, come già accaduto per altre questioni, non si fanno sfuggire mai la ghiotta (e rara) occasione per dimostrare a se stessi e agli altri di esistere politicamente». Sono loro, scrive il quotidiano della Santa Sede, che «hanno accusato il sindaco di aver realizzato un blitz, profittando fra l’altro dello sciopero dei giornalisti proclamato il 23 dicembre scorso». Ma tutto questo, agli occhi del Vaticano, non costituisce certo una scusante per il sindaco. Veltroni «ha a sua volta colto l’occasione della lettera di quel cittadino per chiarire il suo pensiero su di un equivoco lasciato proliferare per troppo tempo. E ha, anzitutto, ricordato i tanti meriti di Giovanni Paolo II, tra i quali le parole spese contro la guerra, l’impegno per il dialogo tra le religioni, caratterizzati da un comune denominatore: il coraggio, quello della fede e quello delle idee. Un coraggio gigantesco, proprio dei Grandi della storia».
L’Osservatore Romano, poi, tanto per sgombrare ogni dubbio, pubblica le parole pronunciate dal sindaco di Roma Walter Veltroni all’indomani della morte di Giovanni Paolo II in merito all’ipotesi di intitolare Termini a Papa Wojtyla. «Un piccolo gesto - aveva detto - che ci sentiamo di fare è quello di proporre alle Fs di intitolare la stazione Termini a Giovanni Paolo II. Ci sembra bello e significativo che un luogo del viaggio, dell’incontro e dello scambio prenda il nome di chi ha incontrato nella sua vita più persone e popoli di chiunque altro, di chi ha portato ovunque nel mondo la parola della Chiesa e della speranza». «Poi - continua il giornale della Santa Sede - seguirono le polemiche e il sindaco rettificò: “Io non ho mai detto di sostituire il nome della Stazione Termini con il nome di Giovanni Paolo II. Ho detto solo di aggiungerlo”».
Polemiche innescate dalle iniziative spontanee di molti cittadini e associazioni di sinistra, organizzatesi su alcuni siti Internet allo scopo di inondare il Campidoglio di messaggi di indignazione. Le accuse rivolte a Veltroni? Quelle di opportunismo politico, di «ruffianeria populista», di «delirio idolatrico», di «connivenza con l’oscurantismo vaticano e con il cattolicesimo reazionario», di disinteresse verso il principio dell’uguaglianza di tutti di fronte allo Stato. Il tutto corredato da uno slogan: «La stazione Termini è anche mia e io sono laico».

Una protesta culminata nella minaccia di alcune associazioni di uscire dalla Consulta laica del Comune di Roma. Una pressione cresciuta con il passaparola e determinante per la decisione finale: quella della «detitolazione» della stazione Termini.

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