Giro, tutti giù per terra prima delle grandi salite

nostro inviato a Pinerolo
Torneo di curling a Pinerolo. Siamo in zone olimpiche, quasi doveroso. Solo una piccola modifica al regolamento: al posto delle pentole, i ciclisti. Davanti mancano i panzoni con lo scopettino, ma sul traguardo scivolano via come sul ghiaccio. Sono bastate poche gocce di pioggia, per creare l'evento. Il più pentola di tutti, che salva la schiena soltanto grazie alla radiolina sopra il fondoschiena, è Bettini. Bene anche Riccò, che taglia il traguardo di sedere. Numero per il babbione rosa Noè: trenta metri seduto, poi con un guizzo da ventenne salta in piedi e quasi strappa l'applauso, come Yuri Chechi all'uscita dagli anelli.
Cosa non si fa per tenere su l'ambiente. In fondo, basta poco: certo, le quattro gocce di pioggia. Ma l'organizzazione stavolta ci mette del suo. Ha voglia, il patron Zomegnan, di dire che «mica si può rifare l'asfalto di mezza Italia». Nessuno glielo chiede. Non serve. Il segreto del raccapricciante strike, che per fortuna non concia nessuno per le feste, sta tutto nella folla posta dopo il traguardo. Fotografi e operatori, certo. Ma anche massaggiatori, parenti e imparentati. Tutta gente che con un arrivo asciutto potrebbe stare lì. Il problema, come i cartelli autostradali insegnano, è che quando l'asfalto si fa sdrucciolevole, la distanza di sicurezza deve aumentare. Questo il punto: con la pioggia sull'asfalto lucido dell'arrivo, la moltitudine andrebbe spostata almeno 50 metri più in là. Così però non avviene. Ecco dunque il simpatico epilogo: Petacchi vince davanti alla solita compagnia di Giro dei grandi velocisti, ma subito dopo la linea si vedono tutti costretti a frenare bruscamente per evitare il solito muro umano che aspetta. Troppo bruscamente, su questo fondo saponetta. Dietro si spaventano, a loro volta inchiodano. Ed è subito curling.
Bisogna prendere per buono solo il risultato finale: nessuno finisce in rianimazione. Ma la sensazione di una leggerezza organizzativa resta netta. Punto e a capo, senza farla troppo lunga. Anche perché ci spiegheranno che qui nessuno commette mai errori. Errare è umano, evidentemente loro non sono umani.
Meglio rialzare subito la testa e guardare avanti. Finalmente, siamo in grado di dare l'atteso annuncio: habemus salitam. Oggi tappone con Colle dell'Agnello e Izoard, domani cronoscalata di Oropa. Tutte le belle favole d'alleggerimento, dai Pinotti ai Noè, toglieranno il disturbo per lasciare spazio ai principi della classifica. Per la verità, leveranno il disturbo anche alcuni signori dello sprint, e questa non è una nota lieta. Diciamolo: è una mezza vergogna. Petacchi viene trattenuto a forza solo dallo sponsor. McEwen e Forster a casa, rinculando davanti alle montagne come cavalli davanti all'ostacolo. Certo a livello logico la loro giustificazione non fa una grinza: la stagione è lunga, gli impegni tanti, le mamme imbiancano, meglio risparmiarsi l'inutile tortura alpina. Però c'è sempre un però: il pubblico. Non vale più? Basta saperlo. Comunque buon viaggio e arrivederci alla prossima.
Tutti concentrati sulla lunga sfida di Briançon. Finalmente le chiacchiere stanno a zero: dopo le schermaglie davanti ai santuari di Avellino e di Genova, che hanno fatto la grazia a Di Luca, il primo arrivo laico e aconfessionale chiama i suoi sfidanti a qualche reazione. Primo fra tutti Cunego, perché è vero che lui aspetta la terza settimana, ma arrivarci con un distacco già pesante la renderebbe inutile. E poi Simoni, cui sinora la dirigenza ha sacrificato il pupo Riccò, ma che deve cominciare a fornire qualche pezza giustificativa alla scelta.
Si muova chi vuole, ma qualcuno si muova.

La gente comincia a non capire più di che Giro si tratti. Soprattutto, di chi questo Giro sia. Vogliamo dare una risposta, o vogliamo arrivare a Milano chiedendoci chi all'indomani attaccherà? Nota di servizio: il lunedì dopo Milano non è prevista tappa.

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