Gitai: troppi soldi per le feste pochi al mio film

da Venezia

Mai titolo fu più profetico. Amos Gitai arriva alla Mostra nella pomposa sezione Venezia Maestri con Disengagement e polemizza in conferenza stampa con il «disimpegno» dell'Istituto Luce che si sarebbe ritirato all'improvviso, nonostante uno scambio di lettere, dalla produzione di questo film con Juliette Binoche, Jeanne Moreau e Liron Levo. L'impegnato regista israeliano ha poi aggiunto un carico da novanta: «L'Istituto Luce non ha trovato le risorse per la mia opera ma ha avuto i soldi per il fantastico party di un film, sulla spiaggia davanti all'Hotel des Bains, chiamando un dj da Londra, con cibo di gran qualità e ospiti alla moda fino alle cinque del mattino».
Sabina Guzzanti superata a sinistra oltretutto con l'accusa di sperpero di denaro pubblico? Sì perché la fantastica festa sulla spiaggia chiamata in causa da Gitai era proprio quella per Le ragioni dell'aragosta presentato lo stesso giorno nelle Giornate degli autori. Tanto che all'Istituto Luce prima di spiegare che il party «è stato interamente pagato dagli sponsor senza quindi nessuna spesa da parte dello Stato», ci tengono a dire «di non trovare giusta una polemica che chiama in causa una collega che, proprio come Gitai, tratta temi sociali». L'amministratore delegato del Luce Luciano Sovena ha poi ulteriormente chiarito: «Eravamo in trattative con Gitai, quando il consiglio di amministrazione ha deciso di seguire la nuova linea d'indirizzo del ministero dei Beni e delle attività culturali che invitava a produrre opere prime e seconde di autori italiani e europei». Curioso che a tagliare i cordoni della borsa sia stato proprio il governo di centrosinistra anche se bisogna ammettere che i film del «maestro» Gitai, peraltro quasi tutti distribuiti dal Luce, non hanno mai scalato le classifiche del box-office.
Dopo un botta e risposta durato tutta la giornata, alla fine i due contendenti si sono incontrati.

Gitai, che oggi parteciperà al pranzo di Shimon Peres con Romano Prodi e Walter Veltroni, si è definito «un uomo di pace in cerca di soluzioni e non della guerra» e Sovena ha aperto uno spiraglio: «Non è escluso - ha detto - che dopo aver visto il film, potremo decidere di distribuirlo».

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