Giudici fannulloni? I numeri condannano Milano

I giudici della Corte d’appello di Milano lavorano poco. Molto poco. Solo a Trento le toghe se la prendono più comoda. A dirlo sono le statistiche del ministero della Giustizia, rese note da una personaggio non sospettabile di animosità verso i magistrati di corso di Porta Vittoria: Alfonso Marra, dall’inizio di marzo nominato presidente della Corte d’appello, dopo una carriera spesa tutta nel «palazzaccio» meneghino: uno, insomma, che il palazzo lo conosce benone, nei suoi pregi e nei suoi difetti. Marra davanti alle statistiche provenienti da Roma non si nasconde dietro un dito: «di questo grave problema - dice - mi occuperò con il massimo impegno». E annuncia la costituzione di un gruppo di lavoro destinato ad analizzare le cause di questa carenza di produttività e a trovare le strade per smaltire l’imponente arretrato.
«Io penso - ipotizza Marra - che questa situazione si spieghi anche con la scelta negli ultimi anni di privilegiare il rapido svolgimento di alcuni importanti processi». La qualità, insomma, prima della quantità. Sarà. Quel che è certo e che, a leggere la statistica, i ritmi di lavoro dei magistrati d’appello milanesi non appaiono forsennati. In cinque anni, tra il 2004 e il 2008, la nostra Corte d’appello ha esaurito 58.605 processi civili e penali, pari ad una media di 520 processi per ogni magistrato effettivamente presente. Poco più di cento processi all’anno. A Trento, fanalino di coda della classifica, ogni magistrato ha firmato 493 sentenze in cinque anni.
In tutto il resto d’Italia, le Corti d’appello hanno lavorato - se non meglio - certamente di più. Il record di produttività spetta a Perugia, dove nel lustro esaminato lustro in media ogni toga ha fatto 1264 sentenze, più del doppio dei colleghi milanesi. Ma anche in realtà dello Stivale non considerate covi di pericolosi stakanovisti - come per esempio Lecce, Catanzaro, Napoli, Roma - la media si attesta sopra quota 1.000. Insomma, una figuraccia.
L’unico anno del quinquennio che le statistiche analizzano nel dettaglio è il 2008, e la sostanza non cambia: Milano è sempre penultima davanti a Trento, con 12.605 processi d’appello conclusi, pari a 120 per ogni toga in servizio. É legittimo aspettarsi che questo dato, anche aldifuori della commissione annunciata dal presidente Marra, sollevi qualche riflessione tra gli addetti ai lavori. Anche perché il problema non sembra riguardare solo la Corte d’appello, da sempre considerata dai colleghi del tribunale come il settore dai ritmi più blandi. I dati ministeriali dicono che, in realtà, neanche i magistrati del tribunale milanese hanno molto di cui vantarsi. Appena prima delle statistiche sui processi di secondo grado, il ministero aveva diffuso quelle sui processi di primo grado, quelli celebrati in tribunale.

Lì Milano era fuori dalla zona retrocessione, ma era comunque sotto la metà della classifica: sui 165 tribunali italiani, quello milanese si piazzava al posto numero 101 della classifica di produttività, con 555 processi conclusi in un anno da ogni giudice. Per fare un confronto, si può segnalare che a Foggia, piazzatasi al primo posto della classifica, nel 2008 ogni giudice ha concluso 1.722 processi. Come mai?

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