Giulietta, quel ruolo rinviato

Capelli sciolti sulle spalle, vestita di blu notte e con una grande collana d'avorio. Sorridente, accogliente. Parlava di teatro e di mare con la stessa passione, lo stesso lampo negli occhi, purché il mare fosse l'Adriatico. «È un mare bellissimo, specie in alcuni tratti, vivace, giovane». E lei ai giovani, mare o persone, ci teneva. Con generosità rara. Una signora in scena e fuori. Nella sua carriera ha messo i panni di tante eroine della letteratura teatrale, qualcuna più amata, qualcuna meno. Donne diverse o simili, tenaci, forti e tenere. Donne di ogni tempo. Eppure ce n'era una che era per lei un rimpianto e una speranza. Rimpianto per non averla fatta quando era giovanissima. Speranza di poterla vivere più avanti negli anni.

«Sì, perché Giulietta avrei voluto tanto farla - diceva - ma il tempo giusto per vivere la sua storia è quattordici anni, oppure ottanta. Perché solo in queste età distanti si capisce davvero cos'è l'amore. Sì, quattordici o ottanta. Io devo aspettare ancora un po' per farla. Ancora un po'. Mi piacerebbe».

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