GIURATO-GIULLARE OSCURA LA MAGGIONI

GIURATO-GIULLARE  OSCURA LA MAGGIONI

Dici Unomattina e pensi subito a Luca Giurato, recentemente gratificato (si fa per dire) da una puntata domenicale «speciale» di Striscia la notizia sulle sue papere, sui suoi qui pro quo linguistici (lui probabilmente li chiamerebbe qui quo qua), sulle infinite incespicature in presa diretta. Questo riflesso condizionato della mente, che associa Unomattina a Luca Giurato, fa passare ingiustamente in subordine non solo il lavoro sempre più convincente di Monica Maggioni, ma anche il suo destino quotidiano di cui peraltro lo spettatore riesce a intuire almeno qualche volta i risvolti psicosomatici: da un lieve rossore di fronte all'ennesima gaffe del collega, dal modo in cui si sistema velocemente i capelli ogni volta che lui interviene a sproposito, da un sorriso nervoso colmo di trattenuta pazienza al cospetto di una sua battuta fuori luogo, dalla prontezza con cui all'occorrenza cambia discorso senza nascondere l'artificio ma anzi evidenziandolo: «Va beh, andiamo avanti con la trasmissione che è meglio». Se infatti Giurato, in presenza di qualsiasi ospite, può spesso cavarsela con il semplice dispendio di formule enfatiche tipo «caro amico! Che grande gioia vederti! Cosa aggiungere alle splendide parole che hai detto?», spetta poi alla Maggioni il compito di aggiungere tutte quelle parole necessarie a concludere la puntata. Il caso di Unomattina è curioso perché, nel novero delle trasmissioni a doppia conduzione, nessuna più di questa pare soggetta a un singolare sbilanciamento: dei due conduttori, chi dà l'idea di lavorare per davvero, di farsi il mazzo, di doversi preparare ogni giorno sugli argomenti per portare in porto la puntata, è la Maggioni. Eppure il programma viene identificato con Luca Giurato per via di quel singolare convincimento - tutto italiano - secondo il quale ai «personaggi» si perdona tutto, anche le pecche più evidenti che in altri Paesi non consentirebbero, a un conduttore pur molto simpatico, di proseguire per troppo tempo con gli errori, i nomi sbagliati e le sgrammaticature condonate invece generosamente a chi è impegnato in approfondimenti giornalistici e non certo in uno spettacolo di varietà.

Cosicché, ogni mattina presto su Raiuno, va in scena un copione che sembra la metafora di un tragitto in canoa in cui uno dei due canoisti voga, suda, si danna l'anima, e l'altro come un bambino schizza l'acqua con le mani, fa casino, si guarda in giro compiaciuto, fa sbandare la barca ma alla fine ha la sorpresa di scoprire che il pubblico non ha occhi e orecchie che per lui, e lo applaude, e lo colma di amorevoli e divertite attenzioni. L'importanza di essere un «personaggio», nella nostra televisione, consente anche questo tipo di decisivo, incontestabile vantaggio.

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