Francesca Angeli
da Roma
Sì alla fiducia, sì alla riforma della giustizia, che questa volta dovrebbe incassare anche la firma del Quirinale.
Dopo un lungo e problematico cammino durato due anni, costellato di polemiche e segnato anche dal rinvio alle Camere voluto dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, nel dicembre dello scorso anno, laula di Montecitorio vara la riforma dellordinamento giudiziario. 284 voti favorevoli, 219 no e 4 astenuti per il voto finale, salutato da un applauso di tutti gli esponenti della Casa delle Libertà mentre quelli dellUnione restano immobili. Poco prima il voto di fiducia, richiesto dal governo sullarticolo 2 del provvedimento. Fiducia incassata dal governo con 312 sì, 224 no e un astenuto.
E proprio sul voto di fiducia è nato un piccolo giallo perché di tutti i gruppi parlamentari soltanto lUdc non ha fatto la dichiarazione di prassi prima di votare la fiducia. Un silenzio subito sottolineato dal capogruppo dei ds, Luciano Violante, uno dei più fieri nemici di questa riforma. Secondo Violante infatti il mancato intervento dellUdc è «il segno dello spappolamento di questa maggioranza».
Immediata la replica del segretario dellUdc, Marco Follini. «Cè un voto di fiducia e la dichiarazione sta nel voto», dice Follini. Tocca poi al capogruppo Udc, Luca Volontè, spiegare che «non cè nessun caso politico» e che si tratta invece soltanto di«un errore della segreteria, un disguido tecnico».
A rassicurare sulla solidità dellintesa di maggioranza interviene pure Mario Tassone,viceministro delle Infrastrutture. «Ci sono cose che non vanno bene ma la riforma è da approvare - sostiene Tassone -. Qualche problema c'è, ma non c'è bisogno di alcuna enfasi». Ma è proprio la responsabile Giustizia dellUdc, Erminia Mazzone, ad alimentare la tesi del contrasto interno alla Cdl perché sostiene che il silenzio dellUdc sulla fiducia non è un incidente.
«È una scelta non casuale - spiega la Mazzoni -, daltronde lo ha detto lo stesso Berlusconi che questa non è una riforma ideale. Noi abbiamo cercato di migliorarla ma non è stato possibile».
Recupera in corner il capogruppo Volontè che interviene sul voto finale, spiegando le ragioni del sì dei centristi. «Dopo quattro anni è ragionevole approvare questo testo - dice -.
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