Giustizia, la sfida del Cav: accelera sullo scudo e rilancia il processo breve

RomaSilvio Berlusconi ed Emma Marcegaglia sono seduti uno davanti all’altro durante il pranzo riservato a Villa Madama in onore del primo ministro cinese Wen Jiabao. E almeno nelle immagini e nei gesti non sembra esserci alcuno strascico della polemica che si è appena aperta sull’inchiesta a carico dei vertici del Giornale. Al punto che al momento di congedarsi da tavola la presidente di Confindustria si avvicina al Cavaliere, gli sussurra qualche parola all’orecchio e lo saluta affettuosamente.
Un clima decisamente diverso da quello che emerge dai lanci di agenzia che riportano gli atti dell’inchiesta che accusa il Giornale di «dossieraggio» nei confronti del numero uno di via dell’Astronomia. Notizia che al premier viene comunicata durante il Consiglio dei ministri da Ignazio La Russa e che Berlusconi si limita a definire «grave». Così, ci sta che a sera in un collegamento telefonico con la festa provinciale del Pdl a Busto Arsizio il Cavaliere torni a premere l’acceleratore sul ddl intercettazioni: «Un Paese in cui non c’è l’inviolabilità di ciò che si dice al telefono non è un Paese civile. È per questo che bisogna intervenire».
Un Berlusconi, dunque, che decide di riprendere uno dei suoi cavalli di battaglia in materia di giustizia. Non il solo se il premier rilancia anche sul processo breve rimettendo sul tavolo due questioni che con Fini sono state oggetto di frizioni durissime. Un affondo che arriva dopo il via libera al federalismo messo nero su bianco di prima mattina durante un Consiglio dei ministri piuttosto acceso se pochi minuti dopo la fine della riunione Giulio Tremonti e Mariastella Gelmini si devono appartare per un durissimo scambio di opinioni. Seguendo il solito clichè, con il ministro dell’Istruzione a lamentarsi dei tagli e il titolare dell’Economia a dire che «evidentemente qualcuno non si rende conto che c’è la crisi».
La strategia, insomma, è chiara. Perché se da una parte il premier concede a Fini il riconoscimento politico della terza gamba dall’altra non è intenzionato a dare l’immagine di quello che gioca di rimessa. Avanti tutta sul federalismo - su cui Fini ha notoriamente molte perplessità ma sui cui è pure imbrigliato dall’impegno a rispettare il programma di governo - e niente sconti sulla giustizia. Anche perché la trattativa per uno scudo al premier è in corso da giorni ed ha un senso tenere alta la pressione. Così, se registrando un’intervista per Annozero il presidente della Camera dà il suo placet al lodo costituzione, Berlusconi risponde a sera rimettendo sul piatto il processo breve. «Abbiamo ereditato un sistema di giustizia civile con tempi inaccettabili. Adesso - dice il premier - abbiamo portato avanti l’idea di un processo con tempi certi che hanno chiamato subito processo breve anche se dura sei anni e mezzo. Ma anche qui ora faremo una riforma, dobbiamo assolutamente intervenire». E la differenza tra le due soluzioni è sostanziale. Soprattutto nei tempi, visto che il lodo costituzionale necessita di quattro votazioni e tempi piuttosto lunghi, compreso il referendum confermativo. Insomma, anche se i finiani non decidessero di sfilarsi all’ultima boa (cosa che Berlusconi non esclude affatto) ci sarebbe sempre l’incognita referendaria. Mentre il processo breve è un provvedimento che può andare in porto in pochi mesi.
La tensione, insomma, resta tutta. E pure se il Cavaliere nella sua telefonata serale non vuole affondare i colpi è chiaro che non ha troppo gradito l’intervista che il presidente della Camera ha registrato per Annozero e che le agenzie di stampa mandano in rete già alle sei del pomeriggio. Certo, resta l’incognita del Senato che di fatto imbriglia ancora qualsiasi ipotesi di show down. Perché il rischio di un governo tecnico nel caso di una crisi esiste, argomento di cui con ogni probabilità si parla in un faccia a faccia tra Gianni Letta e Beppe Pisanu che sarebbe dovuto restare riservato. Tanto che il premier continua a mettere le mani avanti e dire che la legislatura «andrà avanti» nonostante ci sia chi «vuole fare un governo tecnico per approvare una legge elettorale che tolga il premio di maggioranza» e «ci riporti indietro».
Continuano le schermaglie, dunque.

Che di qui a qualche settimana si sposteranno a Strasburgo e Bruxelles visto che Fini sta lavorando affinché il Ppe riconosca un gruppo autonomo del Fli. Cosa che il Cavaliere cercherà di evitare in ogni modo. Presentarsi divisi in Europa - spiega in privato - sarebbe da irresponsabili.

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