Cultura e Spettacoli

«GLOB», L’IRONIA GIUSTA PER I PIZZINI

I pizzini, ovvero i bigliettini con cui il boss mafioso Provenzano comunicava con l'esterno dal suo rifugio di latitante, stanno diventando un tormentone. Incredibile come, in pochi giorni, un termine finora sconosciuto sia entrato di prepotenza non solo nei doverosi resoconti di cronaca ma anche nelle battute tra amici e persino nel linguaggio giovanile: «Ci sentiamo al telefono, o se no mandami un sms, o magari un pizzino».
Si sprecano le ironie, i giochi di parole, le analisi semiserie di un fenomeno che riporta per un attimo il frenetico mondo della comunicazione a una dimensione lontana, lenta, artigianale, agreste, in netto contrasto con il galoppante progesso tecnologico. Sui pizzini ironizza Beppe Grillo nel suo blog, dei pizzini ha parlato Stefano Bartezzaghi in un suo articolo, e l'altra sera se ne è occupato in televisione Enrico Bertolino nel corso di una puntata della nuova serie di Glob, l'osceno del villaggio (mercoledì su Raitre, ore 23,30). Questo programma, in cui si dà conto ironicamente delle frontiere del linguaggio e della comunicazione, è in effetti una delle sedi più adatte per analizzare il pizzino in ogni sua sfumatura, dalla forma al contenuto, dal tipo di scrittura alla punteggiatura, da come lo si piega dopo averlo completato sino allo svelamento della sua stessa struttura. Con l'aiuto di Gianni Barbacetto, cronista improvvisatosi «professore» in materia, Bertolino ha provato a individuare alcuni aspetti ricorrenti riscontrabili dalla diffusione pubblica dei pizzini, primo fra tutti il costante accenno religioso, l'abitudine ad affidarsi alla protezione di Dio. Un Dio, ovviamente, concepito a immagine e somiglianza delle attese e pretese dei mafiosi, intento a guardare ai loro affari con un occhio di particolare comprensione e indulgenza. Il pizzino che entra nel linguaggio comune, il pizzino che esce immediatamente dalla dimensione della cronaca per entrare in quella della satira, è in fondo un altro segnale di quanto la mafia, oggi, sia costretta a fare i conti con un sentimento comune che non la guarda più con gli occhi abbassati in un atteggiamento di sottomissione. È un segnale da non sottovalutare, perché di certi comportamenti mafiosi si è cominciato a sorridere da poco al cinema e nella fiction televisiva (come nel celebre I Sopranos), ma finora l'ironia non aveva preso spunto in modo così diretto dalla realtà, dall'attualità.

E se è vero che la mafia resta un ostinato nemico non liquidabile con le battute sulla povera vita «pane e cicoria» del suo boss supremo e sull'arcaica forma di comunicazione mediante pizzini negli anni 2000, è altrettanto vero che poche cose come l'ironia segnano una presa di distanza e affrancamento dall'oggetto della presa in giro.

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