Global warming, i mari annegano in un mare di dati

Egregio Signor Granzotto, la domanda che mi ha posto, concludendo il commento alla mia lettera, esige una risposta: no, non prendo per buoni i dati taroccati. Il rapporto Ipcc, steso da personaggi anche di spicco in campo scientifico, non è il vangelo. Anzi. Per fare un paragone con il mondo del giornalismo, forse Lei prende per oro colato tutto ciò che viene scritto sulla Repubblica? Eppure le firme sono spesso di una certa fama. Io credo ai miei dati e a quelli, verificabili, dei colleghi con cui lavoro, in Europa e nel mondo. Un esempio? I nostri numeri dicono che la temperatura superficiale media del Mediterraneo è cresciuta di circa 2 gradi centigradi, negli ultimi 20-30 anni. Un’enormità. E le conseguenze sull’ecosistema si fanno già vedere. Questi sono fatti concreti e controllabili, non bubbole. I dati seri, misurati in laboratorio o in campo, a seguito di ipotesi formulate con cognizione di causa, costituiscono l’argomento di articoli seri, pubblicati da riviste scientifiche serie. Ogni articolo che appare su una rivista o volume di scienza viene sottoposto alla revisione di altri scienziati, i quali hanno la facoltà di commentare in forma anonima. Gli autori che passano il vaglio di questa revisione pubblicano solo dopo aver fornito chiarimenti, a volte rifacimenti, convincenti. Altrimenti non pubblicano. Non è un sistema perfetto, ma funziona abbastanza bene. E dunque esiste una letteratura seria, ampia e diversificata, sui cambiamenti climatici, in cui i dati taroccati non trovato posto. Se volesse documentarsi, sarei lieto di darle qualche suggerimento. Se ne avesse voglia, venga a trovarmi: sarei ben felice di farle vedere in prima persona di che si tratta. Da ultimo, una precisazione. Non sono professore. Ho una laurea in Fisica dell’Università di Milano; un Master of Science e un Doctor of Philosophy, entrambi in Oceanografia, della University of California at San Diego; e lavoro al Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea, che si trova a Ispra.
Vercelli

Calma e gesso, egregio Barale. La madre di tutte le mail che attestano la truffa planetaria del riscaldamento globale e che porta la firma di Kewin Trenberth, climatologo del National Center for Atmospheric Research recita: «Il fatto è che non possiamo dare spiegazione della attuale mancanza di riscaldamento globale». Punto. La zia delle mail eccetera eccetera porta invece la firma del Phil Jones, direttore del Cru, Climatic Research Unit. In essa il noto scienziato confessa di aver usato il «trucchetto di Mann» (Professor Michel Mann, direttore dell’Earth System Science Center della Pennsylvania State University) per nascondere il «decline», il calo, l’abbassamento delle temperature medie dal 1980 a oggi. Che cosa se ne deduce? Se ne deduce che scienziati sotto patrocinio dell’Onu e quindi con a disposizione fondi illimitati, uomini e mezzi per scandagliare a tappeto le temperature ammettono che no, non sono aumentate, non aumentano e a quanto pare non intendono aumentare. Lei però, Barale egregio, sostiene il contrario. Sostiene che i «suoi» dati e quelli dei suoi colleghi comprovano che la superficie media del Mediterraneo è cresciuta di circa 2 gradi centigradi negli ultimi 20-30 anni (venti o trenta, Barale?). C’era scritto anche sulla Stampa di Torino, sa? Titolo: «Mare sempre più bollente». Sommario: «L’Adriatico 4 gradi oltre la media». Addirittura il doppio di quanto sostiene lei.

Poi, però, leggendo l’articolo ci si imbatte nelle dichiarazioni di Rosalia Santolei, dell’Isac-Cnr l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera che procede ai rilevamenti: «Si è passati dai 19,4 gradi di media annuale del 1985 ai 20 gradi circa del 2006». Circa. Facciamo 19,6? Ecco, egregio dottor Barale: non è che si sparano cifre a casaccio, ciascuno le sue? E che la verità è quella della mail del professor Trenberth? Cioè che qui non si scalda un bel niente?

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