Dopo le cabarettistiche peripezie vocali e fisiche volute da Antonio Latella nella sua rilettura de Le Nuvole e intervallata dal clamoroso successo di un Daniel Pennac lettore dal vivo, la stagione del teatro Argentina prosegue allinsegna dei classici rivisitati, del gusto per lavanspettacolo, del felice connubio tra parola e musica. Stavolta il gioco metateatrale prende avvio da una celebre opera di Carlo Goldoni, Limpresario delle Smirne, per mano di un regista solitamente ossequioso della tradizione e dei testi - ma non per questo didascalico o pedante - come Luca De Fusco. Il quale si diverte qui a smontare e rimontare lingranaggio di unallegra satira dellambiente dellopera lirica, arricchendolo di riferimenti al cinema di Fellini (il «gancio» per questa inattesa operazione gli viene offerto dalle musiche di Nino Rota, tra laltro autore di una colonna sonora commissionatagli da Visconti proprio per un allestimento del medesimo copione), al dietro le quinte del palcoscenico (dove campeggia un rosso avvolgente), ai vizi e vezzi di una compagnia di guitti degli anni 50 che, con spassosa sovrapposizione temporale, decide di allestire una rivista ambientata in pieno Settecento. Cosa ne derivi è il caso di andarlo a vedere a teatro, sollecitati anche dal pregio di un cast dove la parte del leone spetta a Eros Pagni, ma dove figurano altri ottimi interpreti quali Gaia Aprea, Anita Bartolucci, Max Malatesta, Alvia Reale (da oggi).
Su questa stessa idea di gioco teatrale insiste pure la moderna regia che Maurizio Panici ha costruito sullintrigante Appuntamento a Londra, novità assoluta di Mario Vargas Llosa attesa per questa sera al teatro Della Cometa con Pamela Villoresi e David Sebasti protagonisti. Vi si racconta la storia di un uomo che mette in crisi la sua identità iniziando a fantasticare su quelle occasioni mancate, strade non intraprese, ombre interiori che, nella vita di chiunque, rappresentano possibili «altri sé». Un viaggio nella memoria che coinvolge sentimenti e senso dellamicizia e che mescola di continuo realtà e finzione, tenendo desta lattenzione del pubblico fino allinatteso epilogo. Parlando di personalità viene pressoché naturale il riferimento a un grande istrione come Giorgio Albertazzi, artista eclettico, curioso e mutevole che monopolizzerà (anchegli da oggi) il palcoscenico del Ghione per un incontro con Dante in cui però il rapporto tra Poeta e Voce, parola e dizione, è ribaltato: Dante legge Albertazzi si intitola infatti questo godibile assolo concepito come il viaggio di due vecchi marinai inesorabilmente uniti e complici. Ascendenze letterarie ispirano anche due lavori di impianto civile in programma rispettivamente a India (da ieri) e al Piccolo Eliseo (sempre da questa sera). Nella prima sala Marco Baliani traduce «in presenza corporea forte» la scrittura epica del romanzo Piazza dItalia di Antonio Tabucchi, affidando alla coralità degli interpreti il compito di attraversare la storia di un borgo dellalta Toscana dallUnità dItalia ai primi anni 60 per «farsi specchio della nostra contemporaneità». Nello spazio di via Nazionale Pino Caruso (regista e interprete) porta invece in scena l'elaborazione drammaturgica in forma di monologo che Dacia Maraini ha tratto da un saggio sulla mafia e sul pentito Antonino Calderone (Mi chiamo Antonino Calderone suona infatti il titolo della pièce) scritto dal giornalista Pino Arlacchi nel 92.
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