La Golino disperata per il suo giovane amore

da Roma

«Ho fatto un film con una chiave di lettura, aperta a chi lo vede. Oggi, l’amore estremo è rarissimo ed è difficile mettere in scena Giulietta e Romeo, perché, poi, tutti si chiederebbero: ma se di ragazze ce ne sono tante, perché mai Romeo dovrebbe suicidarsi?», dice il regista polacco Krzysztof Zanussi, presentando Il sole nero (dal 15 nelle sale), l’ultimo suo film denso di tematiche esistenziali. Interpretato da Valeria Golino, sempre seduttiva nei primi piani, che ne esaltano gli occhi stellati e il fondoschiena ancora alto, e dall’attore emergente Lorenzo Balducci (già protagonista con Techinè e con Saura), mentre Kaspar Capparoni, un po’ sullo sfondo, dà vita a un angelo decaduto, pronto a uccidere per placare la propria invidia, questo dramma sul senso della giustizia è una coproduzione italo-francese di forte impatto visivo. A partire dagli esterni, girati in cinque settimane e mezzo tra l’Umbria, Siracusa e Catania, laddove la luce della speranza si spegne, a favore delle tenebre d’ogni disperazione possibile. Così, nel buio d’un palazzo aristocratico siciliano, tutto fughe di stanze e di penombre, si consuma la tragedia di Agata (Valeria Golino), moglie appagata di Manfredi (Lorenzo Balducci), giovane di così bell’aspetto da destare la sorda ostilità di Salvo (Kaspar Capparoni), che con un colpo di pistola gli leverà la vita, in un’abbacinante mattinata di sole. Tra indulto e amnistia, il killer sarà fuori in 7-8 anni, realizza la neovedova, assaggiando l’amaro pane dell’ingiustizia italiana. «Non c’è equilibrio. Né nel perdono, né nella logica dell’occhio per occhio», sospira innanzi a lei il giudice incaricato del caso. Prima di lasciarsi scivolare da una scogliera (ma rimarrà il dubbio: fu suicidio?), Agata parlerà con la spalliera del letto, rivolgerà occhiate dolcissime al nulla che le è accanto, sentendo, insomma, a suo modo, il marito ancora presente, ancora vicino. Invano sua madre (Victoria Zinny) cercherà di consolarla: nella sua lucida follia, la giovane donna sa che un altro mondo, il mondo dei morti, ha una sua realtà.
Dopo Persona non grata, nel 2005 in concorso al Festival di Venezia, Il sole nero si propone ancora una volta in linea con gli umori zanussiani, comunque volti all’introspezione dell’animo umano. «La problematica della giustizia, oggi, tocca l’intera umanità. Ma se la giustizia, in quanto tale, non contiene anche la dimensione metafisica, essa diventa soltanto un elemento organizzativo della società», precisa il regista, che, nato a Varsavia nel 1939, ben conosce le avversità della democrazia negata. «Vengo da un paese, che ha ancora una grande tensione sociale al suo interno», spiega il cineasta, sotto le volte affrescate del Gonfalone, la chiesa sconsacrata nel cuore della Roma barocca, dov’è avvenuto il lancio del suo film, tratto da un dramma di Rocco Familiari.

Il regista ha diretto con entusiasmo Valeria Golino, ieri assente perché impegnata su un altro set e Lorenzo Balducci, in autunno sui nostri schermi nel ruolo di Lorenzo da Ponte, il librettista di Mozart, raccontato da Carlos Saura nel film Io, Don Giovanni. Sul set con la Golino si è divertito ad ascoltare i consigli della più matura partner, nel mirino della stampa rosa, per via del suo fidanzamento con Riccardo Scamarcio.

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