Gomorra, la falsa pista contro il centrodestra

Le indagini che puntano su Landolfi e Cosentino basate su un'informativa del 2003 piena di anomalie. Una su tutte: è di sinistra il politico che avrebbe fatto pressioni sul candidato alla presidenza di un consorzio di rifiuti per favorire progetti in odor di mafia

Gomorra, la falsa pista contro il centrodestra

Roma Sembra il crocevia di tutto ciò che non funziona in Campania, a cominciare dai legami tra politica, affari e camorra. Dove la camorra è camorra, gli affari sono affari e i politici, immancabilmente, sono di centrodestra.
Parliamo del Ce4, il consorzio per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti di venti comuni del nord Casertano. Quello legato in piena emergenza rifiuti alla società Eco4 dei fratelli Sergio e Michele Orsi, il secondo ammazzato dalla camorra a giugno del 2008. Quello che, secondo le inchieste della magistratura che hanno puntato contro Mario Landolfi prima e Nicola Cosentino poi, era una sorta di «quartier generale» per organizzare un ciclo dei rifiuti «alternativo», finalizzato manco a dirlo ad alimentare un business illecito, e a procurare un bacino sicuro di voti agli esponenti politici coinvolti. Il quadro disegnato negli anni dagli inquirenti aveva confini apparentemente chiari. E non mancava di mettere in evidenza, appunto, tanto il ruolo della criminalità organizzata nella gestione del consorzio quanto il «colore politico» - centrodestra - degli amministratori che sarebbero stati coinvolti nel business.
Peccato che a tracciare le linee fondamentali di questo teorema giudiziario sia stata un’informativa del 2003 colma, a voler essere gentili, di anomalie. E che proprio sul posizionamento politico di alcuni dei «protagonisti» mette nero su bianco notizie infondate o semplicemente, totalmente false.
Il documento, redatto dal comandante della Guardia di finanza di Mondragone, e diretto alla Dda di Napoli, aveva come oggetto «la gestione illegale da parte dei fratelli Orsi della raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani nonché il coinvolgimento in tali affari illeciti di esponenti della criminalità organizzata locale». Di fatto costruisce un castello di accuse partendo dalla nomina di Giuseppe Valente alla presidenza del consorzio Ce4. La scalata di Valente al vertice del consorzio fu seguita con attenzione dai media locali. Che vi videro un «ribaltino», poiché Valente era un «fuoriuscito» del Ppi, che strizzava l’occhio al Polo delle libertà dopo che Forza Italia, An e Ccd avevano appoggiato al ballottaggio per l’elezione del sindaco di Mondragone un altro popolare «dissidente», Ugo Alfredo Conte, del quale Valente era amico e consigliere. La rottura con il centrosinistra aveva dunque cambiato gli equilibri politici anche nel consorzio, permettendo a Valente di puntare alla presidenza, comunque in modo travagliato: c’è una prima elezione, c’è il ricorso al Tar del predecessore di sinistra, Di Palo, ci sono le dimissioni dello stesso Valente, poi rieletto definitivamente. Eppure un’elezione che appare frutto di giochi e accordi politici, secondo l’informativa è figlia di pressioni della camorra sui «sindaci di tutti i comuni del bacino». A cominciare da quelle che la criminalità organizzata avrebbe esercitato sul sindaco di Sessa Aurunca, Giuseppe Fusco. Uno che secondo l’informativa delle Fiamme gialle «avrebbe potuto agevolmente ricoprire la carica di presidente del consorzio», poiché il suo comune aveva la maggioranza di quote del Ce4 rispetto agli altri comuni consorziati. Ma il sindaco Fusco, racconta ancora il documento della Guardia di finanza di Mondragone, avrebbe desistito su pressione di un medico, considerato «intermediario tra il clan Esposito e la classe politica dominante a Sessa», in «ottimi rapporti con i fratelli Orsi di Casal di Principe» e «in grado di influenzare» le decisioni prese dal comune. Questo dottore-eminenza grigia viene subito annotato come «appartenente allo schieramento politico di destra Forza Italia» dagli zelanti investigatori. Zelanti ma imprecisi. Il medico, identificato con Vito Santilli, era in realtà esponente del Ppi, poi confluito nel Pd, partito con il quale si è candidato alle amministrative del 2007. Insomma, l’uomo che per favorire i progetti della criminalità avrebbe fatto pressioni sul candidato naturale alla presidenza del consorzi non è di centrodestra ma di centrosinistra. Quanto alle stesse pressioni della camorra, agli atti non ci sono riscontri che ve ne siano state. I venti sindaci che per le Fiamme gialle sarebbero stati «intimiditi», addirittura, non sarebbero mai stati nemmeno interrogati sul tema.
Ma le anomalie dell’informativa-madre sull’intreccio di interessi tra politica e camorra nel Ce4 non finiscono qui. Per esempio, gli investigatori rimarcano come elemento sospetto che il Ce4 sarebbe «l’unico tra i 18 consorzi della Regione Campania che ha previsto tra le finalità statutarie anche la raccolta dei rifiuti e non solo lo smaltimento». Per l’informativa questo «unicum» del servizio integrato è un escamotage per affidare direttamente il servizio di raccolta dei rifiuti all’impresa Eco4. Ma non è una peculiarità del Ce4. Un altro consorzio, il Ce1, si era dotato già dal 1998 di un braccio operativo privato per la raccolta rifiuti. Come mai gli investigatori non se ne sono accorti? E il servizio integrato non è nemmeno illegale: la stessa ordinanza ammette che è consentito nella «fase transitoria». D’altra parte nel 2001 il vice di Bassolino all’emergenza rifiuti, Giulio Facchi, elogiò pubblicamente la soluzione del servizio integrato, almeno nella fase emergenziale.

L’affidamento diretto era dunque incoraggiato dal Governatore e dal suo vice. Ma a Bassolino questo nessuno l’ha mai contestato. Landolfi e Cosentino, invece, sono stati messi sulla graticola proprio a partire da questa non impeccabile ordinanza.

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