Roma - Giulio Tremonti non vale Sabina Began. E non certo sotto il profilo estetico, che questa non sarebbe una notizia.
Ma andiamo con ordine. Perché sulle prime s’è data la colpa al fuso orario. Visto che il ministro dell’Economia è a Washington, si ragiona in Transatlantico, ancora non deve essergli andata di traverso la colazione a leggere i giornali italiani che raccontano del durissimo j’accuse riservatogli da Silvio Berlusconi durante il Consiglio dei ministri di giovedì. Insomma, aspetta e vedrai che quando Tremonti alza il telefono per la solita sfuriata a Gianni Letta e Paolo Bonaiuti da Palazzo Chigi ci metteranno una toppa. Invece passano le ore e non si vede traccia né di sfuriate né di precisazioni o smentite alla valanga di critiche attribuite dai giornali al Cavaliere (alcune durissime anche sul piano umano). Anzi, a dire il vero una smentita arriva: ieri Sabina Began è stata sì a Palazzo Grazioli come riportano le agenzie di stampa, ma non per incontrare il premier bensì per lasciare alla sua segretaria il libro che gli ha regalato per l’ormai imminente compleanno. È la conferma che i tubi della posta pneumatica dove passano le smentite del presidente del Consiglio funzionano alla perfezione. Solo che Berlusconi non ha intenzione di infilarci alcun messaggio che riguardi Tremonti. Nemmeno un rituale attestato di formale solidarietà. Zero. Silenzio assoluto. Lo stesso che corre sulle linee telefoniche tra Roma e Washington visto che chi ha occasione di incontrare il Cavaliere esclude categoricamente che i due si siano sentiti.
Tace Berlusconi ma tace anche il ministro dell’Economia che durante le riunioni del Fondo monetario internazionale evita accuratamente di affrontare la questione. E si appella invece alla Germania visto che fra pochi giorni è attesa la decisione del Parlamento di Berlino sul fondo europeo «salva Stati». «Adesso - dice - in Europa tutto dipende dalla Germania, dalla capacità che penso abbiano e devono avere di superare le loro incertezze e capire che l’Europa è un bene comune per tutti, compresi loro».
Nel Pdl, intanto, continua l’assedio a Tremonti. Lo attacca il ministro Renato Brunetta sulla carta d’identità elettronica, lo critica il sottosegretario Guido Crosetto sulla vendita del patrimonio immobiliare dello Stato. Affonda invece Daniela Santanché. «Sono per spacchettare il ministero. Le entrate e le uscite - dice il sottosegretario - devono essere in mani diverse, non concentrate in quelle di Tremonti». Una via, questa, che pare però piuttosto difficile da percorrere. A differenza di quella di dare vita a una cabina di regia sull’economia a Palazzo Chigi. Un punto su cui battono in tanti. «Sono convinto che il presidente del Consiglio - dice Sandro Bondi, uno dei tre coordinatori del Pdl - abbia il diritto e il dovere di essere assistito nella politica economica, da economisti e da esperti di varie discipline». Ancora più netto Fabrizio Cicchitto. «Sono indispensabili misure per la crescita che vanno definite sotto il coordinamento di Palazzo Chigi e con il lavoro dei ministri responsabili».
La parola d’ordine, insomma, è «collegialità». Perché, spiega un ministro vicino al Cavaliere, «è arrivato il momento che Tremonti la finisca di fare il bello e il cattivo tempo». Si vedrà.
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