Il governo è caduto grazie a una procura

Lei errò caro Granzotto nell’indicare nel pomeriggio di oggi, mercoledì, il momento della verità per Prodi e il suo governo. Tale momento è posticipato a giovedì, ma questo importa poco: abbiamo aspettato tanto e ventiquattro ore in più passano in fretta. Ciò che mi preme sapere da lei è se, ritenendolo novello Pietro Micca, dobbiamo erigere un monumento a Clemente Mastella ponendovi alla base le seguenti parole: «La Patria riconoscente pose».


Errai, sì, caro Salvo. L’impazienza porta ad essere precipitosi e quindi a sbagliare e io impaziente ero, ansioso di assistere al «ballet d’adieu» di quel Nureyev d’un Romano Prodi. Un monumento a Mastella, lei suggerisce? Bisogna ammettere che per rapidità d’azione, fermezza nei propositi e limpida esposizione delle proprie ragioni - dicendo insomma pane al pane rinunciando agli eufemismi e alle metafore della politica politicante - Mastella ha giganteggiato. Si dirà che è facile giganteggiare nel villaggio politico dei nani. Vero. Però intanto ha giganteggiato. Inoltre, per la sua sferzante denuncia del vizietto di certe procure ad occupare spazi e poteri che non le competono (carta costituzionale canta) e per averlo fatto da sinistra e in veste di Guardasigilli, merita non solo il plauso, ma la riconoscenza dell’Italia per bene. La quale oggi non può non dirsi mastelliana. Non si scappa. Per tornare alla sua questione, caro Salvo, non v’è dubbio che con credenziali di tal fatta Clemente Mastella si meriterebbe quanto meno il busto al Pincio. Però, a mio giudizio in questa storia un altro nome emerge brillando di vivida luce propria: quello di Mariano Maffei, ancora per qualche giorno a capo della Procura di Santa Maria Capua Vetere. L’uomo che corredato da «altissima professionalità e spiccato senso del dovere» sono parole sue, con «la vicenda oggetto del presente provvedimento», sempre per usare parole sue, è riuscito laddove le più forti spalle (e spallate) hanno fallito: mandare a gambe all’aria un governo repubblicano.
Pensi, caro Salvo: nella storia della democrazia il colpo messo a segno - con altissima professionalità e senso del dovere, ovvio - da Mariano Maffei ha un solo precedente. Uno solo. Christine Keeler. La seducente squillo che coricandosi se non per senso del dovere certamente con altissima professionalità con il ministro della Difesa (anzi, della Guerra) britannico, John Profumo, condusse alle dimissioni l’intero governo di sir Harold Macmillan. Sapere che l’Italia ha strappato all’altezzosa Inghilterra un primato che deteneva da quarantacinque anni, sapere che anche noi abbiamo la nostra Christine Keeler, ancorché nelle severe vesti di un fior di magistrato, seducente per l’acutezza del pensiero piuttosto che per il sembiante, be’, è una bella soddisfazione. Non importa il modus operandi, se le moine, i vezzi d’amore o l’obbligatorietà dell’azione penale: quel che conta è il risultato.

E Mariano Maffei l’ha ottenuto, perbacco, dando altro lustro al «Made in Italy». Cosa che ci riempie d’orgoglio, vero?

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