Laura Cesaretti
da Roma
Che siano davvero «un po tanti», i centodue membri del governo Prodi, lo dice anche Luciano Violante.
Certo, lex presidente della Camera e capogruppo della Quercia ha anche delle ragioni personali per avere il dente avvelenato, essendo suo il nome più autorevole saltato dal pacchetto di ministri Ds nella tempestosa notte prima del giuramento. Il dicastero delle Riforme era suo da settimane e invece, allultimo istante, è finito accorpato a quello dei Rapporti col Parlamento, e affidato a Vannino Chiti. Ma il fatto che si sia un po esagerato, in fatto di poltrone governative, è incontestabile. Tanto che pure lUnità, ieri mattina, stigmatizzava il «brutto record». E nel suo fondo il direttore Antonio Padellaro parlava di «amarezze che il governo dellUnione propina (dei 102 membri di governo, record di tutti i tempi, non siamo affatto contenti) a noi speranzosi illusi di sinistra». Non è contento neppure Violante: «Cè un rappresentante del governo ogni sei deputati e uno ogni tre senatori - sottolinea ironico - sono un po tanti, spero che lo siano per fare di più e più rapidamente per lItalia».
Una bacchettata al «primato» di Prodi, «quello del numero di sottosegretari», arriva anche dalle colonne dellOsservatore Romano, organo della Santa sede ma come sempre assai interessato alla cucina politica italiana. E anche il presidente di Confindustria Montezemolo fa del sarcasmo auspicando che la «capacità di stupire» promessa da Prodi non si limiti a quanto si è visto finora.
Dalla maggioranza, nessuno ha il coraggio di levare la voce in difesa della moltiplicazione dei posti. Fa eccezione il titolare della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni, che assicura ottimista che la nomina dei tre nuovi sottosegretari «è una scelta necessaria per il buon andamento del lavoro di governo». Ma per il resto il malumore dilaga: basta dare unocchiata ai forum di partiti e movimenti del centrosinistra per leggere decine di post di elettori delusi e irritati. Uno per tutti: «Cè da essere fieri! Prodi vuole risolvere il problema della disoccupazione: 1 milione di posti di lavoro... tutti al governo!», scrive «Cicciobello» sul sito del correntone Ds, Aprile. Che apre con un editoriale dal titolo: «Caro Prodi, qualcosa non va».
Non va lincauta intervista del premier a Die Zeit, che ha avvelenato i rapporti con tutta lala sinistra della coalizione ma si è meritata pure le ironie di Europa, organo della Margherita, che ha dedicato un acidulo corsivo di Robin alliperbolico «après moi le déluge» di Prodi («Se cade il mio governo resteremo i prossimi 60 anni allopposizione», secondo il premier. Manco per niente, replica Europa). Non va la fragilissima maggioranza del Senato appesa a personaggi del calibro di un Pallaro o di un De Gregorio. E di certo non va lo «spacchettamento» dei ministeri, deciso per accontentare tutti e nove i partiti (più relative correnti) della coalizione con un numero sufficiente di posti, ma che ora continua ad alimentare scontri e competizioni sulle deleghe. Ieri Francesco Rutelli è sceso pubblicamente in campo in difesa di Sergio DAntoni, il viceministro allo Sviluppo economico che non ha avuto dal ministro Pierluigi Bersani la delega al Mezzogiorno. «È un problema serio - avverte il vicepremier e leader della Margherita - la cui risoluzione sarà trovata nel prossimo Consiglio dei ministri. Bisogna dare a DAntoni il ruolo che si era concordato». Traduzione: Bersani deve cedere.
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