Il governo si rimangia anche il cuneo fiscale

Fabrizio Ravoni

da Roma

Le antenne della Confindustria sono sensibili: una peculiarità che permette di intercettare gli orientamenti più reconditi del governo. E ieri hanno captato che rischiava di saltare (o di essere sensibilmente ridotto) il taglio del cuneo fiscale. Per difendere la misura, scritta nel programma dell’Unione, nel Dpef e più volte ribadita da Romano Prodi (da ultimo anche a Cernobbio), Maurizio Beretta, direttore generale della Confindustria, è andato a Palazzo Chigi da Enrico Letta. Nell’incontro avrebbe ribadito la centralità del cuneo fiscale come strumento per lo sviluppo e la competitività. Dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio avrebbe ricevuto in cambio assicurazioni che la misura troverà spazio nella Finanziaria. Ma, molto probabilmente, l’entità del taglio del cuneo non sarà quello promesso. Insomma, non sarà di cinque punti e tutti nel 2007.
Cesare Damiano lo dice chiaro e tondo: riguarderà solo le aziende che assumono a tempo indeterminato. Quindi, il taglio non riguarderà l’intera platea di imprese e di lavoratori. Per esempio, quelli che verranno assunti con i contratti previsti dalla legge Biagi non beneficeranno del minore prelievo fiscale e contributivo; al contrario, si vedranno aumentati i contributi previdenziali con la finanziaria.
Ad aumentare le preoccupazioni degli industriali per un possibile (e forse parziale) dietrofront del governo sul cuneo, sono state tutte le voci che volevano veder ridotto l’ammontare della manovra per il prossimo anno. Una soluzione che Franco Giordano (Rifondazione) ritiene «realistica». E Pecoraro Scanio, ministro dell’Ambiente, stima che «25 miliardi di manovra sono più che sufficienti». Francesco Rutelli, nei panni di vicepresidente del Consiglio, prova a mettere la parola «fine» sull’argomento: «La manovra sarà di 30 miliardi, non per una fissazione, ma per una necessità». E Prodi all’Ugl dice che sono infondate la voci su una riduzione della manovra a 27 miliardi. «Fate chiarezza sulle cifre», chiede Guglielmo Epifani.
Se la manovra scende di ammontare, vengono ridotte - ha ricordato Padoa-Schioppa - le misure a favore dello sviluppo. Oggi dovrebbero ammontare a 14 miliardi, visto che 16 miliardi sono necessari per portare il deficit al 2,8% nel 2007. Il taglio di cinque punti del cuneo fiscale costa 10 miliardi di euro. I due terzi degli interventi a favore dello sviluppo. Il resto li prenota Antonio Di Pietro. «Avviso gli alleati della coalizione: solo per pagare le fatture in scadenza - dice il ministro delle Infrastrutture - per il ministero ci vogliono 12 miliardi di euro».
È per queste ragioni che Unione europea, Fondo monetario e, ieri, l’Ocse stanno criticando la scelta di ridurre l’entità della manovra. Il passaggio della Finanziaria da 35 a 30 miliardi riduce i margini di azione per innescare gli interventi di rilancio dell’economia. Fra l’altro, proprio l’Ocse è stato protagonista involontario della ridda di voci sulla riduzione della manovra. L’organismo che raggruppa i paesi industrializzati prevede che quest’anno il pil italiano cresca dell’1,8%, contro l’1,5% stimato dal governo. La maggiore crescita di 3 decimi di punto, da sola, porta il deficit sotto il 4% quest’anno. Se poi a questo dato si aggiunge lo sconto di 5 miliardi della prossima Finanziaria, che prima di manifestarsi nel 2007, dovrà essere calcolato quest’anno, il deficit potrebbe scendere nel 2006 al 3,5%. Il ministero dell’Economia si mostra prudente, e punta a stimare all’1,6% la crescita del pil di quest’anno; con il risultato che il deficit potrebbe scendere dal 4% previsto al 3,6-3,7%.
L’ufficio studi della Confindustria prevede invece per quest’anno una crescita all’1,5% e un deficit al 4%.

E Andrea Pininfarina chiede al governo di concentrare la Finanziaria sui tagli alle spese e non sulle entrate. «La situazione resta grave», dice. Soprattutto se il taglio del cuneo contributivo scompare, o viene ridotto in modo sensibile.

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