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"I magistrati devono applicare le leggi". Tajani accelera per la riforma della giustizia

Il vicepresidente del Consiglio traccia la rotta e mira alla separazione delle carriere: "Deve essere un giudice terzo a decidere se sei innocente o colpevole"

"I magistrati devono applicare le leggi". Tajani accelera per la riforma della giustizia

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"I magistrati devono applicare le leggi". Tajani accelera per la riforma della giustizia

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Il tema della giustizia si conferma un fronte delicato che puntualmente anima la discussione politica in Italia. Il centrodestra al governo, alla luce del mandato popolare ricevuto il 25 settembre 2022, intende tirare dritto e partorire una riforma completa in senso liberale e garantista. Si trova su questa linea Antonio Tajani, secondo cui è necessario proseguire per la propria strada. Sullo sfondo le toghe ritengono di aver ricevuto una sorta di delegittimazione. Ma la verità è che la riforma della giustizia viene percepita da alcuni come elemento di forte agitazione.

La linea di Tajani sulla giustizia

Il recente dibattito che ha colpito due esponenti della coalizione (il ministro Daniela Santanchè e il sottosegretario Andrea Delmastro) ha scatenato ancora una volta la diatriba tra favorevoli e contrari alle dimissioni. Ai forcaioli va ricordato che in passato non sono mancate occasioni in cui la giustizia è stata una mannaia, con ministri indagati che hanno fatto un passo indietro e che alla fine sono risultati essere innocenti.

Dagli ambienti dell'Associazione nazionale magistrati viene denunciato uno scontro innalzato che si sta subendo a tutti gli effetti. Invece per Tajani, intervistato a Il Messaggero, non siamo di fronte ad alcun muro contro muro ai danni dei magistrati. Anzi, ha tracciato la rotta e ha sollecitato l'esecutivo ad accelerare nella direzione indicata dagli italiani alle urne: "Andremo avanti con la riforma della giustizia che è un preciso impegno preso di fronte agli elettori".

Il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri ha respinto la narrazione secondo cui il governo starebbe cercando vendette contro le toghe. Criticare e pungolare una riforma è ovviamente legittimo, ma va ribadita l'importanza di un principio che segna una netta distinzione tra i ruoli costituzionali: "Il Parlamento fa le leggi, i magistrati le applicano".

Separazione delle carriere e intercettazioni

Tajani ha inoltre posto l'attenzione sulla separazione delle carriere, che fin dal 1994 ha rappresentato uno dei pilastri storici del programma elettorale azzurro targato Silvio Berlusconi. "Deve essere un giudice terzo a decidere se sei innocente o colpevole. È impensabile che due magistrati che magari sono stati pm assieme si facciano carico dell'accusa e del giudizio", ha aggiunto il coordinatore nazionale di Forza Italia rilanciando così il sogno da sempre espresso da parte del Cav.

Per il titolare della Farnesina non si può accettare quel meccanismo che vede un avviso di garanzia essere consegnato prima a un giornale e solo in una seconda fase alla persona direttamente interessata: "È un atto a tutela della persona, non una condanna". Allo stesso modo ha difeso l'operato del ministro Carlo Nordio: per Tajani è doveroso mettere un limite alla pubblicazione delle intercettazioni in modo da "evitare che le conversazioni di terzi siano pubblicate".

La lagna delle toghe

Nel corso delle ultime ore non è mancata la lagna delle toghe. Circola il sospetto che le riforme costituzionali possano essere sbandierate come una risposta di punizione all'indirizzo della magistratura. Il che dà la misura di come la percezione sia assolutamente errata: l'unicà finalità della riforma della giustizia è quella di migliorare il sistema a vantaggio degli italiani. Nessun attacco o delegittimazione: solo determinazione nel partorire una riforma efficace nel più breve tempo possibile.

Certamente fonti del ministero della Giustizia fanno trapelare "lo sconcerto e il disagio" per le ultime dinamiche. Ma è esagerato affermare che tutto ciò sarebbe un'accusa assai pesante che colpisce il cuore della magistratura. Eppure la litania va avanti. E così l'ex procuratore Armando Spataro a La Repubblica punta il dito contro ciò che vede come una rappresentazione strumentale di una guerra delle procure contro il ceto politico: "Ormai è questo lo spot da trasmettere all'opinione pubblica: ripeterlo all'infinito, ossessivamente, serve a rappresentare la magistratura come un'istituzione orientata non da obblighi costituzionali ma, appunto, da finalità politiche".

Dal suo canto il governo vuole tutelare l'onore di ogni cittadino presunto innocente fino a condanna definitiva.

Nello specifico al vaglio ci sarebbero delle modifiche sostanziali non solo sulla diffusione di atti riservati, ma anche per quanto riguarda lo sviluppo delle varie fasi delle indagini dei magistrati.

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