Le perplessità di Giorgia Meloni sulle ultime mosse della Germania (e prima della Francia) sono ben più profonde dei dubbi che la premier ha voluto manifestare con la formula piuttosto impersonale e cauta delle «fonti di Palazzo Chigi». Una nota informale che racconta del «grande stupore» del governo italiano davanti alla decisione del ministero degli Esteri tedesco di finanziare delle Ong per progetti di assistenza ai migrati che si trovano nel territorio italiano e per operazioni di salvataggio in mare davanti alle nostre coste. Una scelta che rappresenta «una gravissima anomalia nelle dinamiche che regolano i rapporti tra Stati a livello europeo e internazionale».
Una presa di posizione dura, ma che è davvero sfumata rispetto alla convinzione che Meloni va maturando ormai da settimane. E cioè che sia in corso un’operazione ostile nei confronti dell’Italia, una manovra che vede l’asse franco-tedesco in prima linea. Non è un caso, d’altra parte, che solo qualche giorno fa Parigi abbia annunciato l’intenzione di blindare i suoi confini interni, in particolare quello di Ventimiglia, presidiato da droni e militari. Con una presa di posizione da parte del ministro degli Interni Gérald Darmanin che - al di là del richiamo della Corte di giustizia dell’Ue - resta politicamente durissima.
Nel Consiglio dei ministri di lunedì scorso, Meloni aveva puntato il dito contro la sinistra europea che «vuole rendere ineluttabile l’immigrazione di massa». La premier aveva citato il gruppo dei Socialisti del Parlamento Ue e l’Alto rappresentante per la politica estera europea Josep Borrel. In scia, dunque, va la presa di posizione sulle Ong del governo tedesco guidato dal socialdemocratico Olaf Scholz. Discorso diverso, invece, per la Francia di Emmanuel Macron. A testimonianza del fatto che la spinta non arriva solo da sinistra.
Certo, sia Berlino che Roma sono condizionate da vicende interne. Scholz, infatti, deve fare i conti con quel pezzo della sua maggioranza che chiede una politica migratoria restrittiva. Mentre Macron si muove seguendo anche logiche elettorali, perché in vista delle Europee del 9 giugno il suo principale avversario è quella Marine Le Pen che lo scorso fine settimana era ospite del palco di Pontida. Il leader di Renaissance, insomma, ha bisogno di mandare ai francesi un segnale che risponda alla crescita di consensi del Rassemblement National. Oltre, ovviamente, a non vedere per nulla di buon occhio il fatto che il vicepremier italiano vada a braccetto con quella che in casa è la sua principale avversaria.
Sono tanti, dunque, i fattori che muovono l’asse franco-tedesco. Molti sono dettati da logiche interne e per giunta contingenti, ma a Palazzo Chigi sono convinti che ci sia qualcosa di più. Perché la partita comprende anche i diversi dossier europei sul tavolo da mesi, dal Mes (che l’Italia deve approvare entro fine anno e sul quale Berlino ha in più occasioni manifestato il suo forte disappunto) alla riforma del patto di Stabilità. Insomma, se Meloni non fosse imbrigliata dal suo ruolo istituzionale certamente userebbe parole e toni ben più duri. Gli stessi che non a caso cavalca da tempo una Lega che fa la corsa a destra a Fratelli d’Italia.
Non a caso, ieri il vicepremier ha mandato avanti i due capigruppo del Carroccio, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, per dire che «aveva ragione Salvini quando diceva che dietro l’invasione» dei migranti in Italia «c’è una regia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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