Pensare una sanità più vicina ai cittadini

I medici in formazione specifica potranno svolgere parte del loro percorso nelle Case di Comunità hub e spoke e accedere a incarichi convenzionati già durante il triennio di formazione

Pensare una sanità più vicina ai cittadini
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In un’Italia che invecchia, che cambia, che affronta nuove sfide sanitarie e sociali, c’è un bisogno che resta costante e urgente: avere un medico di famiglia presente, vicino, affidabile. Per milioni di cittadini – soprattutto per chi è più fragile, come gli anziani, i malati cronici, le persone con disabilità – il medico di base è molto più di un professionista sanitario, è un punto di riferimento umano, un volto amico, spesso il primo e l’unico contatto diretto con il sistema sanitario. Ma oggi, troppe persone restano senza questa figura fondamentale. Tanti medici vanno in pensione, pochi giovani li sostituiscono, e le regole attuali non aiutano. Serve una svolta che non metta in discussione fiduciarietà e prossimità. Occorre invece rimettere al centro la cura, la vicinanza, la presenza reale nei territori. Il Paese ha bisogno di una medicina generale rinnovata, capace di guardare al futuro senza perdere il valore del rapporto personale medico-paziente.

La proposta di legge di Forza Italia, che sarà discussa in Parlamento prossimamente, si propone di fare proprio questo, attraverso alcune novità radicali. Anzitutto, un unico ruolo e presenza in strutture territoriali. I medici di famiglia, pur rimanendo liberi professionisti, dovranno garantire una presenza settimanale presso le Aggregazioni Funzionali Territoriali (Aft). Questa presenza, proporzionata al numero di assistiti, si dividerà tra l’attività fiduciaria con i propri pazienti e l’impegno nelle Case di Comunità, sia hub che spoke. Questo modello supererebbe la frammentazione degli studi isolati, pur mantenendo la libertà di scelta del medico da parte del cittadino.

Poi, un nuovo sistema retributivo, superando il sistema basato esclusivamente sul numero di pazienti. La retribuzione sarà integrata da una componente calcolata sugli obiettivi di salute pubblica fissati dalle autorità sanitarie. Questo premia il lavoro di squadra e l’impegno non solo del singolo medico, ma dell’intera Aft, incentivando la qualità delle prestazioni e la presenza anche nelle aree più disagiate.

Infine, formazione e ricambio generazionale, per affrontare la carenza di medici. I medici in formazione specifica potranno svolgere parte del loro percorso nelle Case di Comunità hub e spoke e accedere a incarichi convenzionati già durante il triennio di formazione. Questo trasforma il triennio in un vero e proprio contratto di formazione-lavoro, rendendo la disciplina più attraente e garantendo una continuità assistenziale.

Le Case di Comunità, finanziate dal Pnrr, sono il fulcro di questa visione. In questi spazi moderni e condivisi, i medici non sono più soli, ma lavorano in equipe multidisciplinari con altri professionisti sanitari.

Vengono dotate di strumenti digitali e diagnostici di base, oltre che di supporto amministrativo, favorendo l’integrazione tra medicina generale, specialistica e servizi sociali. Un approccio che punta a ridurre gli accessi inappropriati ai Pronto Soccorso per rendere il sistema sanitario più accessibile ed equo.

La riforma mira anche a un’integrazione più stretta tra ospedale e territorio. Una medicina generale più forte deve dialogare costantemente con le strutture ospedaliere per una presa in carico condivisa dei pazienti complessi, evitando ricoveri non necessari e facilitando i rientri a domicilio. Il lavoro di squadra è la chiave per fornire un’assistenza completa e di qualità, dove ogni professionalità - medica, infermieristica, specialistica – contribuisce al risultato.

Questa riforma non è una semplice questione tecnica, ma una scelta profonda per una sanità più umana, accessibile e giusta.
Occorre costruire un nuovo patto tra i cittadini, i medici di famiglia e le istituzioni, fondato sulla fiducia, sull’ascolto, sulla presenza quotidiana. Perché la salute non è un privilegio, ma un diritto. E questo diritto comincia dalla porta aperta del proprio medico di base.


Abbiamo oggi un’occasione concreta e non più rinviabile: dare un futuro alla medicina territoriale, rafforzare il nostro Servizio Sanitario Nazionale e restituire sicurezza, dignità e cura a chi ogni giorno ha bisogno di essere semplicemente... preso per mano.

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