Credo di aver capito perché Prodi e Padoa-Schioppa sono stati obbligati ad aumentare vieppiù le tasse: Alfonso Pecoraro Scanio si sarebbe messo in affari. Promuove egli la vendita di pannelli fotovoltaici (FV), che naturalmente - nonostante gli aiuti che, da quando ha in mano il potere di amministrare il nostro denaro, il ministro intende elargire - nessuno compra perché, anche se fossero gratis, continuano a essere proibitivi: i soli costi di installazione e manutenzione non valgono, neanche impercettibilmente, il risparmio energetico che ne consegue. Il ministro s'è allora industriato e ha scritto a 8000 sindaci, suggerendo loro di installare i pannelli FV sugli edifici pubblici e avvertendo che se non lo fanno «spontaneamente» sarà il governo a imporre questa pazzia. Ed è una pazzia: installare tanti pannelli FV quanti ne occorrono per erogare 1 GW elettrico (il 2% del nostro fabbisogno) richiede una spesa di 50 miliardi, cui bisogna aggiungere, pronto ad avviarsi quando il sole non brilla, un impianto convenzionale di pari potenza (che costa mezzo miliardo se a gas, 1 miliardo se a carbone e 2 miliardi se nucleare). Se assumiamo che i pannelli FV mantengano immutata la loro efficienza per 30 generosi anni, il combustibile nucleare che si consumerebbe dopo 30 anni di esercizio di un reattore da 1 GW comporterebbe una spesa di meno di 1 miliardo. Insomma, per non spendere 3 miliardi Pecoraro Scanio e il governo tutto si apprestano a spenderne 52. Capiamo ora tutti perché Prodi e Padoa-Schioppa ci obbligano a queste elevate tasse: dobbiamo tutti pagare molto affinché i pochi amici di Pecoraro Scanio facciano i loro affari.
Se uno - sfidando tutte le figure retoriche - provasse a chiedere ragione della pazzia, il ministro risponde candidamente che «quello del combustibile spento è un problema non risolto, le scorie nucleari sono pericolose per 100.000 anni, e sono minaccia di proliferazione e un obbiettivo dei terroristi». Almeno così ha dichiarato in un'intervista televisiva ad un giornalista di Repubblica, il quale palesemente non capiva un'acca ma si adeguava in tutto.
Innanzitutto, cominciamo col dire che il combustibile nucleare spento non è un rifiuto: esso consiste per il 95% di uranio (l'elemento naturale di partenza) e per l'1% da plutonio, ed entrambi, se opportunamente riciclati, sono perfettamente utilizzabili come combustibile in reattori a ciclo chiuso. Il restante 4% è la componente energeticamente inutilizzabile: ma 3.5% contiene nuclidi che o sono stabili o dimezzano la loro attività ogni 24 ore, mentre 0.4% contiene nuclidi che dimezzano la propria attività in meno di 10 anni. Alla fine, del combustibile spento meno dello 0.1% (principalmente stronzio-90 e cesio 137) dimezza la propria attività in circa 30 anni. In definitiva, è solo la componente energeticamente inutilizzabile del combustibile nucleare che va trattata come rifiuto e tenuta sotto controllo come già si fa ora, e per soli 100 anni circa e non per i 100.000 fantasticati da Pecoraro Scanio: se l'energia elettrica che ciascuno di noi consuma fosse tutta da fonte nucleare, le scorie annualmente prodotte da ciascuno di noi occuperebbero il volume di una tazzina di caffè, sono perfettamente gestibili, e quelle esistenti in 60 anni di nucleare non hanno mai fatto male a nessuno.
Secondo Pecoraro Scanio «i francesi usano il nucleare perché hanno la bomba atomica». Già, e usano i coltelli perché avevano la ghigliottina. Come le recenti cronache sull'Iran ci hanno informato, la verità è che è infinitamente più semplice ottenere il materiale esplosivo per una bomba da un impianto di arricchimento dell'uranio che non dal combustibile spento di un reattore commerciale. Né è pensabile che i terroristi possano avere il minimo interesse verso il combustibile spento: hanno obiettivi ben più facili da colpire, come il triste 11 settembre ci ha insegnato. Piuttosto, potessimo mai persuaderli a sottrarlo dai luoghi ove è conservato, avremmo trovato il modo per sbarazzarci di costoro.
Non c'è nulla di non risolto nel problema della gestione del combustibile spento. L'unico problema è avere dei politici che, magari a prezzo di una manciata di voti, acconsentano che gli ingegneri facciano il lavoro necessario per curarsi responsabilmente di quelli che impropriamente vengono chiamati rifiuti nucleari. Il precedente governo, con grande e non apprezzato senso di responsabilità, ci aveva provato.
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