Il Grande Centro è un grande suk: ecco gli acquisti Udc

RomaQualche contatto in alto loco c’è stato, qualche freno è stato tirato da entrambe le parti: Walter Veltroni ha accettato di smussare i toni più duri del documento frondista, Pier Luigi Bersani fa tacere le voci più veementi contro l’ex segretario e dice che è ora di «lavorare tutti insieme» e di «pensare all’Italia».
Ma la spaccatura del Pd resta sul tavolo, con le 75 («Ma possono crescere», si assicura) firme raccolte in calce al testo veltroniano: la metà abbondante dei parlamentari che si raccoglievano sotto le insegne di Area democratica, la minoranza che ha perso il congresso del Pd. E l’appello a «fermare la macchina del tempo», lanciato da Arturo Parisi, sembra destinato a restare inascoltato.
Già, il Pd sembra un remake del film «Ricomincio da capo», in cui Bill Murray restava imprigionato in un loop temporale ed era costretto a risvegliarsi ogni giorno al suono della stessa canzone di Sonny & Cher, sapendo che sarebbero successe esattamente le stesse cose del giorno prima. Almeno però Murray poteva rifarsi gli occhi con la bellissima Andy MacDowell anziché con D’Alema e Veltroni, impegnati nel loro eterno duello.
La «macchina del tempo» evocata da Parisi si è rimessa in moto, nel Pd imprigionato nel suo eterno «giorno della Marmotta»: «Vedo che i due ultimi segretari del Ppi convocano ufficialmente tutti gli ex Popolari del Pd - nota l’ex stratega prodiano - Pensavo che il Ppi si fosse sciolto per far nascere la Margherita, e la Margherita per far nascere il Pd. Ci manca solo che si riunisca il Pds e siamo a posto». In verità, il Pds è già riunito, in un certo senso, ed è proprio quel che lamentano gli ex Ppi che Peppe Fioroni sta strappando alla tutela di Franco Marini e di Dario Franceschini per portarli sotto le insegne di Walter (ma soprattutto sotto le sue). «È complicato spiegare agli ex Dc che devono rassegnarsi a stare in un partito in cui gli ex Pci comandano ovunque: su 100 segretari provinciali, quelli non Ds saranno al massimo dieci», riconosce un post Ppi, «e Fioroni pesca a piene mani in quel malessere». Per dimostrare che la rappresentanza dei cattolici è sua e «trattare da un punto di forza sulle candidature», accusano i mariniani.
Ds e Ppi, a oltre tre anni dalla fusione nel Pd, sono tutt’altro che morti. Un segnale del sisma in atto tra le anime originarie del Pd è arrivato ieri da Strasburgo, dove l’ex Ppi Giacomo Susta, vice presidente del gruppo Asde nel quale gli europarlamentari del Pd sono confluiti con il Pse, ha annunciato di volersi dimettere: «Siamo finiti sotto i socialisti, sarebbe stato meglio se Ds e Margherita si fossero divisi al parlamento europeo». E ieri, a Roma, sono volate addirittura accuse di «comunismo»: Bersani ha nominato il toscano Vannino Chiti (ex Ds) commissario del partito nel Lazio, profondamente spaccato. Gli uomini di Fioroni si ribellano: «È una scelta comunista, da partito di funzionari», urlano.
Veltroni spiega che il suo documento è «fatto solo per unire e discutere serenamente, non per dividere». Non per nulla, dal testo è scomparsa l’accusa al Pd bersaniano di essere «senza bussola», e la vexata quaestio della premiership non è affrontata. Ma la convivenza tra la sua linea del partito «a vocazione maggioritaria» e quella «socialdemocratica» dei bersaniani diventa più difficile. E ai bordi del campo si scaldano i muscoli quelle nuove leve, in testa il sindaco di Firenze Renzi, che propongono la «rottamazione» in blocco dei vecchi dirigenti: appuntamento il 5 novembre a Firenze, per iniziare l’assalto al quartier generale.
Dalla macchina del tempo intanto riemerge anche Romano Prodi, che esprime sul Corriere, dalla Cina, il proprio «desolato stupore» per quanto sta accadendo da quando non c’è più lui: «Solo liti e ancora liti, non si riesce a essere all’altezza dei tempi.

E si rischia davvero di finire nel baratro, di far saltare il banco...», sospira. In verità non è che ai suoi tempi si filasse proprio d’amore e d’accordo, come testimonia la rapida parabola del suo governo. Ma ride bene chi ride ultimo.

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