La grande fuga africana

La grande fuga africana

L'Africa è una bomba demografica la cui esplosione potrebbe essere soltanto agli inizi. Lo spiega bene il saggio di Stephen Smith: Fuga in Europa. La giovane Africa verso il Vecchio continente (Einaudi, pagg. 200, euro 20). Smith, giornalista statunitense che ha scritto moltissimo di Africa per Le Monde e che insegna studi africani alla Duke University, inanella una serie lunghissima di numeri e di dati. Numeri e dati che portano la (...)

(...) discussione sull'immigrazione lontano dalla palude ideologica dove si è impantanata in Italia. Non si tratta né di urlare «la pacchia è finita» né di innalzare le buoniste bandiere arcobaleno dell'accogliamo tutti. Bisogna partire dalle cifre. L'Europea oggi si è stabilizzata sui 510 milioni di abitanti che invecchiano (gli italiani più di altri). L'Africa invece ha visto crescere la sua popolazione sino a un miliardo e 250 milioni di abitanti, il 40% dei quali è giovanissima, ha meno di 15 anni. Tanto che in Africa la stessa cultura tradizionale che dava grande peso agli anziani è ormai travolta dalla spinta verso nuovi modi di vivere. Milioni di giovani appena il denaro lo consente si connettono alla rete globale e iniziano a sognare un futuro diverso. Un futuro che, a torto o a ragione, spesso immaginano lontano. Se l'Europa è ormai «introversa», Smith spiega chiaramente che l'Africa è «estroversa». «In Togo, Paese che conta circa 8 milioni di abitanti, un adulto su tre ha tentato la fortuna alla lotteria statunitense dei permessi di residenza: 55mila green card all'anno messe in palio globalmente. (...) Secondo un'inchiesta condotta dall'Istituto Gallup nel 2016 (...) il 42% degli africani tra i 15 e i 24 anni e il 32% dei diplomati della scuola secondaria superiore si dicono intenzionati a migrare». Se si unisce questo dato alla previsione demografica che, nel 2050, ci saranno 450 milioni di europei contro 2 miliardi e mezzo di africani si capisce l'entità del problema, che sarà uno dei più gravi da risolvere del XXI secolo. Da qui al 2100, tre persone su quattro del mondo saranno nate a sud del Sahara. Se da un lato è una grande conquista che l'Africa «stia emergendo» e uscendo dall'assoluta povertà, dall'altro lato il primo risultato è che molti di quelli che ne hanno la possibilità scelgono la fuga, con danno anche dei Paesi che vedono partire le persone più intraprendenti.

Se gli africani confermeranno il trend attuale, secondo molti esperti l'Europa, fra trent'anni, avrà all'interno dei suoi confini dai 150 ai 200 milioni di afro-europei, rispetto ai 9 milioni odierni. Una pressione migratoria di questa portata sottoporrebbe il continente a una prova senza precedenti. Il rischio è di creare una spaccatura politica insanabile tra élite che si ispirano a un cosmopolitismo di maniera e forze politiche che sfruttano elettoralmente la paura dell'invasione. Smith scrive che se si avverasse uno scenario del genere avremmo tutti da perdere, qui e in Africa. L'Europa è troppo tecnologica per aver bisogno di milioni di braccia e l'Africa perde i suoi giovani che, restando in patria, potrebbero diventare «la chiave del suo successo non appena nel continente si creeranno condizioni favorevoli». Però al momento la politica nicchia e si limita a soluzioni di breve respiro.

Se lo Stato sociale senza frontiere è una illusione, immaginare di fare del Mediterraneo il fossato permanente di una «fortezza Europa» è impossibile. La soluzione dovrebbe essere concertata e di lungo respiro. Ma per ora non ce n'è traccia.

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