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Un grande Pollini che distilla Mozart e Chopin

Alberto Cantù

da Milano

Il Piermarini gremito, la gente che a fine concerto si affolla grata sotto il proscenio e quattro bis: una coda di tre brani a quelli chopiniani in programma più uno «spolpatissimo» Preludio di Debussy. «Spolpare» il suono: anche in quell’encore per eccellenza che è lo Studio op.10 n.12 di Chopin, la cosiddetta (l’autore non c’entra) «Caduta di Varsavia». Studio-culmine dove alle raffiche violente di suono, Maurizio Pollini preferisce una esaltazione delle figure idiomatiche: Chopin come un Domenico Scarlatti dell’Ottocento.
Musica ridotta all’osso e dinamiche attenuate tanto che i forti contrasti di sonorità del pianista di venti o trent’anni fa non ci sono più. Ritrovi invece quell’articolare il suono con la massima chiarezza (oggi possibile), con una «sgranatura» nitidissima ma anche - il Pollini odierno - con una malinconia timbrica, un pudore estremo, lontano rievocare di suprema dolcezza di cui viene pervaso il Notturno in fa diesis minore ancora di Chopin. Note sparse sul concerto che il pianista milanese ha tenuto lunedì alla Scala per il Fai, Fondo per l’ambiente italiano, in collaborazione con «Serate Musicali». Tutto esaurito e in programma Mozart (Fantasia in do minore), Chopin (Prima Ballata - niente toni epici: narrativi, semmai -, i due Notturni op.48, una Polacca) e Liszt: la Sonata in si minore e, col binocolo rovesciato, prima i desolati aforismi dell’ultimo Liszt (tutto ciò che è «ultimo» sta oggi nelle corde di Pollini: lo Schubert delle ultime Sonate, questo Liszt già postumo, il Bartok del Terzo concerto e via citando»).
Prendete Mozart e una Fantasia che è sorella maggiore dell’altra in re minore dal lieto fine posticcio (qui niente happy end: «irregolare» è il brano, «irregolare» resta). Pollini non «aggredisce gli accordi» mettendo da parte le anticipazioni beethoveniane della pagina e preferisce sonorità remote. Accentua lo svariare degli episodi che caratterizzano la «fantasia» e si gode beato - il suono diventa luminoso - quel temino-temone in re maggiore da Lied di Schubert.
Nei Notturni accentua «ripiegamenti» e «congedi» - appunto - e nella Polacca op.44 l’energia ritmica si fa canto senza pesantezze: figurarsi l’enfasi.
Nuages, Unstern (Cattiva stella), Gondola funebre n.1, Richard Wagner-Venezia (muore a Venezia l’autore del Tristano) con i suoi lacerti di tutto (fantasmi di gesti esecutivi, niente temi, solo colore, ripetizioni ossessive) vedono un’immedesimazione totale.

È come se Pollini volesse anticiparci le «scuciture» o profezie novecentesche che poi estrae dalla Sonata in si minore dove distilla e prosciuga il suono, isola le zone d’ombra e carica di valenze postume anche quel «fugato» che, in punta di penna e «inscheletrito», è già un congedo.

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