Grandi opere a rischio: dove colpirà la scure del governo

Il ministro dell’Economia vede nero per Anas e Fs

Grandi opere a rischio: dove colpirà la scure del governo

Gian Maria De Francesco

da Roma

«Gli strumenti di controllo del disavanzo predisposti per il 2006 creano una situazione di grande tensione, quale il rischio di chiusura dei cantieri in settori importanti come Ferrovie e Anas». Il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa, ha esordito nel suo nuovo ruolo di titolare del dicastero di via XX settembre con un allarme sulla realizzazione delle grandi opere infrastrutturali, il fiore all’occhiello dei 5 anni di governo Berlusconi. Ma qual è lo stato dell’arte? Esiste veramente il rischio di una chiusura dei cantieri e di una perdita di migliaia di posti di lavoro all’alba del nuovo governo Prodi? E le Ferrovie e l’Anas si trovano veramente con l’acqua alla gola?
Le opere pubbliche. Secondo i dati Istat rielaborati dall’Ance (l’associazione dei costruttori), nel 2005 gli investimenti nella costruzione di opere pubbliche si sono attestati a 29,834 miliardi di euro, un valore leggermente leggermente inferiore a quello del 2004 (meno 1,5%) ma che dovrebbe sostanzialmente confermarsi anche nell’anno in corso. La Finanziaria 2006 ha destinato alle infrastrutture oltre 37 miliardi di euro dei quali 19 miliardi di residui passivi (stanziamenti degli anni precedenti, ndr). Anche se inferiori ai 42 miliardi (di cui 22 miliardi di residui) previsti per il 2005, la dotazione non appare di per sé insufficiente. Come ha notato la stessa Ance in un rapporto diffuso questo mese, alla riduzione dei residui finalizzata al risanamento del bilancio ha fatto da contraltare «un aumento della capacità delle amministrazioni nell’utilizzo delle risorse precedentemente stanziate». In sostanza, dall’approvazione del programma Grandi opere del governo Berlusconi sono stati approvati 138 interventi per oltre 86,6 miliardi. Le risorse disponibili ammontano a 42,6 miliardi. Dei restanti 44 miliardi solo 23,8 (il 27,5%) saranno a carico dello Stato considerato che per molti progetti è previsto il ricorso alla finanza di progetto, cioè agli investitori privati.
Il caso Anas. «Non ci sono i soldi. Io voglio farle le opere anche quelle decise dal precedente governo, ma mi diano loro i soldi. O vado a prenderli in Sardegna». Il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, ieri si è concesso anche il gusto della boutade ricordando che Anas rischia la chiusura dei cantieri. L’ente guidato da Vincenzo Pozzi ha un fabbisogno di 3 miliardi di euro per l’anno in corso. La Finanziaria ha bloccato a 1,913 miliardi i pagamenti per spese di investimento, ma l’ente ha accumulati 8,7 miliardi di residui passivi giacenti al ministero dell’Economia. Pozzi ha più volte sottolineato che dopo agosto la continuità è a rischio. Gli interventi più importanti sono sull’A3 Salerno-Reggio Calabria (46 interventi dei quali 21 completati e 13 da ultimare entro metà 2007) e sulla Statale ionica. Il Passante di Mestre (750 milioni) dovrebbe essere completato nel 2008.
Il caso Ferrovie. L’apporto del Tesoro al capitale di Fs si è ridotto dai 2,2 miliardi del 2005 a 176 milioni nel 2006. Per l’Alta velocità (Tav spa) sono stati assicurati 3,5 miliardi anche per l’anno in corso. La situazione infrastrutturale dei treni superveloci, ad ora, è tutt’altro che drammatica. La Roma-Napoli è in attività, sulla Bologna-Firenze è pressoché ultimato lo scavo delle gallerie (80% lavori realizzati per 3 miliardi). Idem per la Milano-Bologna (77% pari a 4 miliardi). Come rileva l’Ance, i problemi di liquidità riguardano la sola rete convenzionale delle Ferrovie.
Che fare? «Se l’Anas fermasse i lavori - dice al Giornale il direttore generale Ance, Carlo Ferroni - gli investimenti in infrastrutture nel 2006 diminuirebbero del 3% con una perdita di oltre 500 milioni. Non credo che il nuovo governo voglia esordire chiudendo i cantieri».

Il ministro Di Pietro ieri ha incontrato il sottosegretario Enrico Letta per reperire risorse. Per il comparto costruzioni a Piazza Affari è stata una giornata nera. Astaldi ha perso il 2,9%, Vianini Industria l’1,52% e Impregilo lo 1,05 per cento.

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