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«Gravi indizi sul sindaco». Ma il Pd non ci sta Il gip di Pescara dice che l’accusa «si è rafforzata», per la Cassazione la scarcerazione di D’Alfonso non tocca «la solidità dell’inchiesta sulle presunte tangenti al Comune». Il partito però p

LE ELEZIONI Agli atti la prova che l’arresto è stato rimandato per non turbare il voto in corso

Roma«Gravi indizi di colpevolezza», aveva scritto il giudice nell’ordinanza di arresto del sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso. Un quadro indiziario rafforzato, scrive ora nell’ordinanza di scarcerazione: D’Alfonso, sindaco del Pd e segretario regionale del partito, posto agli arresti per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, non è più ai domiciliari dalla vigilia di Natale. Ma non perché il gip Luca De Ninis sia tornato sui suoi passi, non perché «il giudice si smentisce», come aveva titolato il quotidiano Repubblica dando lo scoop del sindaco libero il 24 dicembre. Non ci sono «gravi implicazioni» nel comportamento del gip, come ha dichiarato Veltroni (probabilmente dopo la lettura di Repubblica). Ma, semplicemente, D’Alfonso è per il momento uomo libero per «un apprezzabile segnale di sensibilità istituzionale», scrive il giudice più contestato dal Pd nell’indagine sulle presunte tangenti di Pescara.
Dopo la notifica degli arresti domiciliari, infatti, D’Alfonso aveva rassegnato le dimissioni. I carabinieri si erano presentati al suo citofono la sera del 15 dicembre, il giorno delle regionali abruzzesi, ma dieci ore dopo la chiusura delle urne. L’ordinanza di arresto porta la data del 13 novembre, come risulta dal timbro sul provvedimento di De Ninis. L’arresto non ha quindi interferito sulle elezioni ed è stato posticipato di un mese rispetto alla decisione del giudice per le indagini preliminari. Un’indagine come tante che ha «incrociato» le elezioni solo a voto avvenuto. Il 16 dicembre il sindaco ha lasciato subito l’incarico.
Questa decisione è stata apprezzata dal gip De Ninis, che ha deciso di restituire a D’Alfonso la libertà, ma non l’innocenza. Il sindaco dimettendosi ha anteposto l’accertamento giudiziario «all’interesse personale». L’accusa è però confermata «anzi si rafforza» l’originaria «prova a sostegno» del teorema «della corruzione», è scritto nell’ordinanza di scarcerazione. Con le dimissioni, non ci sarebbe comunque più il pericolo di inquinamento delle prove, ed è per questo che vengono meno le condizioni degli arresti domiciliari.
Il problema politico è stato però che tra lo scoop di Repubblica sulla scarcerazione del sindaco e la divulgazione dell’ordinanza del gip sono passate quasi quarantott’ore. E le dichiarazioni natalizie di Veltroni e del suo partito sono state a senso unico contro il gip De Ninis. Il Partito democratico garantista: «Quello che è avvenuto a Pescara è gravissimo - ha tuonato Veltroni il giorno della vigilia -. La vicenda ha dentro di sé gravi implicazioni che meritano una riflessione più compiuta». Lo stesso giorno, il commissario del Pd in Abruzzo, Massimo Brutti, ha criticato teorie accusatorie «sconfessate ora dallo stesso giudice».
Pd all’attacco della magistratura nel momento delle inchieste contro le giunte rosse. Pd che prima scarica un sindaco e poi lo recupera quando viene scarcerato: queste le accuse della maggioranza. Pd che scopre «con quattordici anni di ritardo» un problema tra politica e giustizia, sottolinea il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto. La sorpresa è arrivata fino alla Cassazione: «La solidità dell'inchiesta non viene assolutamente minata dalla decisione del gip di revocare l’ordinanza di carcerazione», ha valutato una fonte della Suprema Corte interpellata dall’agenzia Ansa. Il meno impulsivo nel Pd è stato il ministro della Giustizia del governo ombra, Lanfranco Tenaglia, che ha parlato però ieri, quando le motivazioni del gip erano ormai note: la vicenda «fa riflettere», ma «sia chiaro che la posizione del Partito democratico sulla giustizia resta coerente». Critica il Pd anche l’Associazione nazionale magistrati: «Scarcerare non è uno scandalo» dice il segretario, Giuseppe Cascini, tanto più che «si trascura il fatto che secondo il giudice sussiste un quadro di indizi grave».
D’Alfonso si è recato a messa il giorno di Natale nella chiesa della Madonna dei Sette dolori di Pescara. La vigilia si è affacciato al balcone della sua abitazione dopo che una folla di concittadini l’aveva incitato a farsi vedere. Ha salutato e si è commosso. In molti gli chiedono di ritirare le dimissioni. Avrebbe tempo fino al 5 gennaio. Le ritira? «Per il momento sto cercando di capire quello che è successo, dopo deciderò cosa fare».

Non è un no e non è un sì.

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