Alessandro Parini
da Torino
Francesco Graziani e Paolo Pulici. Cuore Toro, per entrambi. Hanno vinto lo storico scudetto del 1976, lottato alla pari con la Juventus, sofferto quando il Torino è retrocesso. Soffriranno anche oggi, giorno di Torino-Perugia, ultima gara ufficiale di stagione. Due cifre. Graziani: otto stagioni in granata, 280 partite e 123 gol. Pulici: quindici stagioni, 433 presenze e 171 reti. Questa sera saranno davanti al televisore. Graziani a Milano Marittima, Pulici non si sa dove: non vuole essere disturbato.
Graziani, è una partita da vivere come?
«Per i giocatori, nel modo più tranquillo possibile. Per noi, da tifosi quali siamo, con ladrenalina a mille».
Da giocatore non ha mai vissuto uno spareggio: che idea si è fatto?
«Ho giocato partite decisive e finali varie. Lo spareggio lho affrontato da allenatore con il Catania: salimmo in B e ricordo bene la tensione e lo stress che cerano nellaria».
Il Catania dei Gaucci: non è che stasera tiferà Perugia?
«Voglio bene a Gaucci, ma il Toro è stato troppo per me. Otto anni meravigliosi: tifo granata».
Credeva, allinizio, alla possibilità che i suoi eredi salissero in A?
«Ci speravo. E mi auguravo ce la facessero prima, senza dover passare dai playoff. Ma dopo il 2-1 dellandata partiamo con un indubbio vantaggio».
Si dice che la società non navighi in buone acque: che futuro si aspetta?
«Vorrei essere ottimista, ma non ci riesco. Questa proprietà ha sempre improvvisato. Nella massima serie non può bastare: è necessario un progetto».
Nemmeno a livello giocatori?
«Siamo onesti: se lobiettivo sarà la salvezza, basteranno tre-quattro ritocchi. In caso contrario, bisognerebbe cambiare otto undicesimi della squadra».
Qual è il giocatore che più le piace?
«Pinga. Anche se è un po discontinuo, ha colpi che possono cambiare la partita in ogni momento: lha confermato anche a Perugia».
Lei è stato a Torino il 4 maggio, in occasione dellanniversario della tragedia di Superga: che ambiente ha trovato?
«I soliti, impagabili, tifosi. Che ricordano quello che è stato e soffrono per il presente. La gente non si riconosce in Cimminelli e Romero, cè uno scollamento totale tra vertice e base: ma è possibile che a Torino nessuno si renda conto di quello che il Toro rappresenta?».
Lei lavorerebbe per il Torino?
«Se e quando cambierà la proprietà, sono pronto a fare anche il magazziniere. Ma per quei due non me la sento di alzare nemmeno un dito. Questa è una società che deve recuperare prima di tutto le sue memorie: cosa ci sta a fare lì Romero? Se al Bayern Monaco cè Rummenigge, perché al Toro non ci può stare Claudio Sala? I grandi del passato servono per trasmettere valori ai giocatori di oggi: mettiamocelo in testa».
Ma secondo lei il tifoso granata si accontenterebbe di una serie A vissuta a metà classifica?
«Se non lo si illude con promesse impossibili da mantenere, certo che sì.
La serie A però è dietro langolo.
«Appunto: merito di Zaccarelli, che il vero Toro lha vissuto, e dei giocatori che non hanno mollato. Non del proprietario e nemmeno del presidente».
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