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Grecia in controtendenza: vincono i socialisti

Papandreou contro Karamanlis. I greci ci sono abituati. La sfida elettorale consumatasi ieri per il rinnovo anticipato del Parlamento ha visto ancora una volta scontrarsi i rampolli delle due famiglie che si sono divise il governo della Grecia dopo la fine del regime dei Colonnelli. Per la terza volta dal 2004 George Papandreou - 57 anni, leader del Pasok - e Costas Karamanlis - cinquantatreenne premier uscente e membro di Nuova Democrazia (Nd) - sono stati i protagonisti di un ormai "classico" scontro alle urne che finora aveva sempre favorito il primo ministro. Stavolta il vento è cambiato. I sondaggi lo dicevano da tempo. Il Partito socialista greco sconfigge la formazione di centrodestra Nd e Papandreou si prepara a formare l'esecutivo che dovrà traghettare la Grecia oltre la pesante crisi economica in cui è impantanata.
Le proporzioni della vittoria sembrano però aver superato ogni aspettativa: il Pasok ha ottenuto oltre il 43% dei suffragi il che, grazie al premio di maggioranza, gli consente di ottenere un minimo di 155 seggi nel parlamento unicamerale di 300. A seguirlo la Nd che ha conquistato tra il 35,5% dei voti e meno di 100 deputati, con una secca perdita. Terzo partito i comunisti (Kke) che porterebbero in Parlamento dai 20 ai 22 deputati. Successo storico, invece, per l'estrema destra di Laos che scavalca la coalizione di sinistra (Syriza), diventando la quarta forza politica del Paese. Scongiurato così lo scenario più temuto: quello di un Pasok vincente sì, ma con maggioranza relativa e quindi costretto a un governo di coalizione con preoccupanti incognite sulla stabilità del Paese, dove l'opinione pubblica è già esasperata da crisi, scandali politici e dai crescenti problemi di ordine pubblico.
Dopo sei anni di governo, Karamanlis lascia una Grecia con un urgente bisogno di soluzioni. Prima di tutto economiche: il Paese si trova a un passo dalla recessione. Secondo le stime degli esperti, il debito pubblico oscilla tra i 260 e i 280 miliardi di euro, l'equivalente di 25mila euro a testa per gli 11 milioni di greci. La situazione preoccupa la stessa Bruxelles: Atene deve gestire un deficit attorno al 7%, invece del 3% previsto dal patto di stabilità. Il Pasok ha promesso una tassazione più pesante dei redditi alti, un pacchetto di aiuti alle imprese per tre miliardi di euro e l'arrivo di una task force internazionale di esperti per studiare misure di ripresa.
Nell'ultimo anno, inoltre, Karamanlis ha dovuto fare i conti con un crescendo di attentati e violenze. Tutto risale all'omicidio del giovane Alexis Grigoropoulos, ucciso a dicembre del 2008. Un poliziotto, per un banale diverbio, assassinò a sangue freddo il ragazzo: ne seguì una guerriglia urbana che durò un mese. Di quel movimento trasversale che aveva portato in piazza studenti e adulti, restano solo i più giovani. Ma di quella rabbia hanno tentato di approfittare gruppi estremisti come Lotta rivoluzionaria, che cercano la lotta armata. Da quasi un anno, più o meno quotidianamente, in Grecia c'è un attentato o uno scontro tra polizia e gruppi di dimostranti.
Per molti le elezioni anticipate sono state una sorta di suicidio politico, ma è probabile che al di là delle dichiarazioni di facciata ci siano state le pressioni Ue per un governo più stabile. Karamanlis era con le spalle al muro: alla crisi economica e alle violenza si sono aggiunte la tragedia estiva degli incendi e gli scandali per la corruzione della classe politica. Oggi i socialisti tornano al potere e promettono «insieme cambieremo: vogliamo, possiamo, ci riusciremo».

Chissà se i greci li seguiranno.

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