Da Green a Buffon, mondiale a porte aperte

Non è un mondiale per portieri. Sembra di essere tornati ai favo­losi anni Cinquanta-Sessanta, quando giocavamo a pallone, mettevamo giù la formazione tra i com­pagni di classe e quello incapace, sec­chione ma totalmente inadatto al foot­ball, lo spedivamo in porta. Così accade in Sudafrica. Viste topiche, gaffe, mani molli, svarioni, calci alle mosche. E an­che guai grossi. Prendete Buffon. È sce­so in campo con la calzamaglia come Ali­ce o Helen Kessler, segno non di censu­ra ma di sciatalgia dolorosissima. Un ri­schio, un azzardo inutile, perché il mon­diale è ancora tutto da giocare e uno si domanda: perché portare tre portieri se poi ne deve giocare sempre uno, anche se con il fisico a pezzi? Dunque Buffon adesso si è fermato, forse per una setti­mana, forse per due, forse salta il mon­diale, forse finisce la sua carriera. La Juventus che avrebbe potuto anche metterlo sul mercato si ritrova con un problema più grande della Mole Anto­nelliana. Buffon con la schiena incrina­ta, per un ruolo dove lo “scatto di reni” è un classico, dal linguaggio vintage ma sempre efficace per rendere l’idea. Ma lo scatto è stato frenato dalle reni che non sono elastiche e allora via i guanti, via la calzamaglia, via tutto maledicen­do l’umidità di Vinovo e non soltanto quella. Prendete Robert Green la mano più molle d’Inghilterra. Domani gli inglesi tornano in campo ma resta il dubbio am­­letico, to Green or not to Green ? James, che compirà quarant’anni ad agosto, ha messo il muso, non va d’accordo con Franco Tancredi che è l’allenatore dei portieri della nazionale, dunque un pic­co­lo problema di politica interna per Ca­pello che dovrà decidere, domani o mai più. La stampa non lo ha risparmiato e ha aggiunto: se Green verrà mandato in panchina allora meglio che il ragazzo chiuda la valigia e torni a casa. Green è stato consolato da Tiger Woods uno che di gaffes, in un altro senso però, si inten­de. Green gioca a golf, ovviamente con un cognome così non poteva essere di­versamente, o ortolano o golfista. Ma tra palline e palloni c’è poco da stare allegri. Poi ci sono gli errori degli altri, di ogni tipo e squadra ma tutti alle prese con Ja­bulani, il pallone malefico che vola co­me una farfalla, si sa da dove parte ma non si sa dove arriverà, ecco perché gli inglesi, con humour involontario, chia­mano il portiere goalkeeper, quello che prende il gol, meglio se acchiappa il pal­lone.

Mestiere duro, solitario e continua­mente eroico. Zamora, Combi, Jascin, Banks, Zoff gente che ha potuto usare le mani, spesso senza guanti, per diventa­re campione di football. Oggi è una far­sa, oppure sono dolori.

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