Matteo Failla
Ogni tanto il fatto che uno spettacolo non nasca da un lavoro condotto a tavolino, ma scaturisca piuttosto da unesperienza di vita - un viaggio a Tirana di alcune ragazze dellultimo anno dellIstituto darte di Cantù che incontrano altre coetanee di una simile scuola - non può che conferire fascino; perché ciò che alla fine irrompe sul palco è frutto di sentimento, di scambio culturale, di gioie e dolori condivisi e poi consegnati alla drammaturgia teatrale.
Grua Voci di donna tra onde di terra, prodotto dal Teatro Artigiano di Cantù, è in scena al Teatro Arsenale, che in uno spazio senza palco dà vita a una rappresentazione che il regista Sergio Porro ha voluto in forma di drammaturgia musicale, sostenuto dal Coro Femminile dellAccademia delle Arti di Tirana, fondato nel 1993 da Milto Vako e formato da studentesse tra i 18 e i 23 anni, allieve di diverse sezioni musicali dellAccademia.
Suggestiva lidea dello spettacolo nato da un incontro tra studenti.
«È vero afferma Sergio Porro , quellesperienza è stata affascinante e istruttiva al tempo stesso. Le dieci ragazze che si erano recate in Albania non erano andate per una gita scolastica, ma per prendere parte a un importante progetto internazionale di scambio culturale Italia-Albania, promosso nel 2000 da ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Regione Lombardia. Mentre erano a Tirana hanno avuto modo di confrontarsi, di scrivere e di visitare luoghi, e così sono tornate a casa con riflessioni e testi poetici. Da quel materiale abbiamo deciso di ricavare uno spettacolo che affrontasse il ruolo, e i problemi, della donna albanese: ma da un punto di vista poetico, senza riferimenti politici, perché possa essere solo lei, Grua, che vuol dire donna in albanese, la vera protagonista»
In Albania la vita è difficile per le donne.
«Molto difficile. In quei luoghi la donna è ancora sottomessa, desiderosa di vivere ma con una grande paura di morire. Il nostro spettacolo però non vuole solo analizzare la difficoltà del vivere in Albania, vuole anche dare loro una speranza. Noi portiamo in scena per tre quarti una donna albanese che vive nelle sue quotidiane difficoltà, mentre per un quarto rappresentiamo una donna che definirei della resurrezione, che vuole conquistare la propria rinascita, simboleggiata sul palco da un elemento importante: la terra, che come dice il sottotitolo ospita tra le sue onde voci di donna».
Il Coro di Tirana e le parti musicali sono parte essenziale dello spettacolo?
«Assolutamente sì, abbiamo creato una drammaturgia musicale proprio insieme a loro. Io avevo ascoltato il loro repertorio solo su cd, ma quando ci siamo incontrati per creare lo spettacolo mi sono accorto della loro immensa bravura.
Porterete lo spettacolo a Tirana.
«Siamo convinti che apprezzeranno il nostro lavoro. Ma ciò che più mi preme è che possa arrivare nei loro cuori quel messaggio di resurrezione che lo spettacolo porta con sé».
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