Sembra aggravarsi la posizione di Salvatore Cirafici, direttore della security di «Wind», indagato dalla Procura di Crotone perché avrebbe spifferato a un indagato nellinchiesta «Why Not» - questa almeno è la tesi del pm Pierpaolo Bruni, titolare del procedimento - che il suo telefono era sotto controllo.
Il presunto beneficiario della «soffiata», il maggiore dei carabinieri Enrico Grazioli, interrogato dal pubblico ministero Bruni ha letteralmente «scaricato» Cirafici (che per questo episodio è indagato con laccusa di favoreggiamento e rivelazione del segreto istruttorio) riferendo altre circostanze, gravi, che adesso potrebbero aprire nuovi e clamorosi scenari.
Scenari che partono dalla scoperta che anche Cirafici - sempre a detta del pm calabrese Bruni - viene avvisato che il suo telefono è oggetto di indagine, telefono che per la Wind, contattata dalla procura, risulta in un primo momento ufficialmente «disattivato», quandinvece invia e riceve telefonate, tanto da essere «ascoltato» (solo qualche ora dopo loperatore telefonico comunica alla Procura che quel numero è attivo, ed è intestato al direttore della security). Secondo il pm Bruni, Cirafici si sarebbe poi attivato per capirne di più sullinchiesta e sugli inquirenti che la conducevano, anche perché di mezzo vi sarebbe stato il superesperto Gioacchino Genchi, querelato precedentemente proprio da Cirafici al culmine dellinchiesta Why Not condotta dallex pm Luigi De Magistris.
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