Roma Quando gli leggono le ultime dichiarazioni del capo dello Stato Silvio Berlusconi si limita a scuotere la testa. Ormai, d’altra parte, l’attivismo di Giorgio Napolitano non è più una notizia tanto che nel Pdl hanno iniziato a chiamarlo «l’Imperatore». Il punto, però, è che l’affondo del Quirinale sui criteri da seguire per la nomina del successore di Angelino Alfano al ministero della Giustizia arriva in una giornata dove le complicazioni non fanno che moltiplicarsi vertiginosamente. Una sorta di vero e proprio assedio a Palazzo Chigi, nonostante in conferenza stampa il Cavaliere cerchi di tranquillizzare tutti sulle sorti della maggioranza e sul destino del governo.
Oltre al Colle, infatti, sullo sfondo resta un rapporto sempre più difficile con la Lega, i rumors sulle nuove inchieste destinate a colpire il Palazzo, nonché la querelle sul nuovo Guardasigilli, perché finché Alfano sarà imbrigliato a via Arenula il Pdl continuerà di fatto a restare senza guida. A tutto questo, ieri s’è aggiunto anche Gianfranco Fini che ha ripreso i toni da campagna elettorale invitando la maggioranza ad indicare un nuovo premier.
Un’uscita, quella del presidente della Camera, che a qualche osservatore ha dato l’impressione di una sorta di cambio di passo in vista di un eventuale show down della maggioranza. Che potrebbe arrivare se davvero il Carroccio decidesse di sganciarsi, eventualità che a via dell’Umiltà ora non è più esclusa.
Insomma, conta poco se ieri Berlusconi e Umberto Bossi si siano davvero sentiti al telefono - argomento sul quale si arrovellavano in molti - visto che è ormai chiaro che per interagire con il Carroccio è necessario interfacciarsi con Maroni e Calderoli. E al di là di un siparietto durante il Consiglio dei ministri tra premier e ministro dell’Interno, pare che tra i due non vi sia stato alcun chiarimento. Peggio ancora con Calderoli, visto che Berlusconi si è presentato in conferenza stampa da solo a illustrare il ddl di riforma costituzionale preparato dal ministro per la Semplificazione. Approvato «salvo intese», spiega il Cavaliere facendo andare su tutte le furie il colonnello leghista. «È solo un lapsus, l’ok è definitivo», ribatte Calderoli. La verità è che le posizioni restano distantissime, visto che a sera il vicepresidente dei deputati del Pdl Massimo Corsaro non aveva esitazioni a dire che il testo necessita di «una revisione fondamentale su parecchi punti». Per usare le parole di Berlusconi, dunque, «salvo intese».
Restano tutte, insomma, le frizioni con la Lega. Con la sensazione che il Carroccio abbia iniziato un’operazione di smarcamento che Bossi - anche a causa delle sue condizioni di salute - non può far altro che subire. Ecco perché urge “liberare” al più presto Alfano da via Arenula. Perché il segretario del Pdl finché vestirà i panni del Guardasigilli sarà comunque a mezzo servizio nonostante a via dell’Umiltà siano già state liberate tutte le stanze del quarto piano, destinate a lui e al suo staff. Dopo non pochi tentennamenti, però, pare che Berlusconi sia deciso a chiudere la questione la prossima settimana. La rosa dei nomi resta nella sostanza quella già nota: Renato Brunetta, Maurizio Lupi (che però continua a resistere) ed Enrico La Loggia. Con un dettaglio. Il ministro della Funzione pubblica continua ad essere decisamente in pole position nonostante l’uscita di ieri di Napolitano che ha chiesto espressamente che il nuovo Guardasigilli non sia scelto tra i ministri per «evitare l’effetto domino».
Un appello che Palazzo Chigi vorrebbe far cadere nel vuoto.
Perché il capo dello Stato «non può permettersi di fare anche la lista dei ministri». Insomma, «già è intollerabile essere commissariati ma a tutto c’è un limite». Che sarebbe stato superato se Brunetta - come dicono a Palazzo Grazioli ma anche a via dell’Umiltà - resta il candidato con più chanches.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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